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Anthem: il fallimento di una produzione, la rivincita di un giocatore

E3 del 2017 alla conferenza Microsoft Xbox, viene mostrato il nuovo prodotto BioWare targato Electronic Arts: Anthem! Proprio come il suo nome, si leva un coro di stupore, un canto di meraviglia per lo spettacolo che si sta dipanando davanti agli occhi del pubblico mondiale. Il titolo mi colpì fin da subito, ormai dopo oltre venti anni passati con la faccia spalmata sugli schermi dei più disparati apparecchi elettronici, quando un prodotto ha del valore, lo vedi dai primi frame di gioco. Il titolo era fresco, innovativo, con quel piglio fantascientifico misto all’esotico di una giungla da esplorare. Non è passata in sordina la possibilità di poter giocare insieme ad altri giocatori, vero fulcro del divertimento moderno. Dark Souls insegna: se un titolo è divertente da solo, insieme è meglio. La fantasia inizia a prendere il sopravvento: come sarà? Potrò chiamare gli amici? Che differenza c’è tra una “tuta” e l’altra? Insomma, illazioni, supposizioni e quel sano chiacchiericcio tra nerd che si propagò per i mesi a venire. Arriva l’E3 del 2018, conscio di voler vedere un titolo in maniera approfondita, un Anthem finalmente alle porte. Ebbene così è stato. Scopro il nome delle “tute alla Iron-man”, così le chiamavamo tra colleghi: Strali, o Javelin, se avete pensato alla versione inglese del gioco. Visto il nuovo video, il sistema di gameplay che pareva approfondito, stratificato e ben quattro personaggi giocabili, quattro situazioni diverse, un positioning che faceva la differenza sul campo di battaglia e poi la parte più interessante per il sottoscritto: il sistema di level up ed il loot, oggetti epici, mitici e leggendari. La parola d’ordine era Build: come creare lo Strale perfetto? Quale sarà l’armatura che preferirò? Insomma, Anthem mi aveva stregato e non vedevo l’ora di metterci le mani.

Anthem

Nei mesi che seguirono la kermesse di Los Angeles, arrivarono informazioni “a nastro” in redazione: ad ogni notizia, iniziava a salire il tarlo della malizia: quella vocina che ci scommetto, avete anche voi nella testa che vi sussurra malevola “quando una cosa è troppo bella, probabilmente non lo è” ed ecco che iniziò il calvario dell’attesa spasmodica e spaventata, conscio del fatto che il castello di carte che mi ero costruito in testa stesse per crollare. Passa del tempo, arriva la beta del titolo: al netto di connessioni ballerine, riesco a giocare approfonditamente al titolo, divertendomi con il Ranger/Guardiano per le prime fasi del gioco. Il punto è che quando presi lo Storm/Tempesta, accadde qualcosa, difficile da spiegare, sentii come se quel personaggio, quel gameplay, quella mobilità e quel modo di vivere uno spara-tutto sci-fi, fosse stato scritto apposta per me!

Volare con lo Storm fu spettacolare, il sistema di combattimento poi! Che dire, mi sentivo come Thor che scagliava saette dal cielo, mentre i miei compagni ingaggiavano il combattimento a terra. All’uscita del titolo tutto era pronto: avevo già reclutato una squadra su cui fare affidamento, Alessio Fornari sarebbe stato il mio fido baluardo dietro al quale ripararmi, il Colosso per eccellenza, Simone Lelli avrebbe fatto quello che sa fare meglio, ovvero colpire come un ombra il nemico, grazie al suo Interceptor ed al quarto membro, ci avrebbe pensato il server o qualche amico di supporto che magari riusciva a collegarsi al volo. Con mio stupore, quel quarto posto non fu mai vuoto: giocai con tantissimi giocatori, alcuni erano presi a caso sul gioco molti altri invece erano amici di amici, persone che non sentivo da un po’ insomma, ancora una volta il mondo video-ludico mi stava mostrando che una passione accorcia le distanze ed unisce le persone. Nel corso dei sessanta giorni dopo il day one, non vi fu un singolo giorno senza che loggassimo sul server di Anthem, ci divertimmo a scambiarci consigli, video delle build e video di detrattori e vari YouTuber che per politica devono necessariamente scaricare merda su un titolo, per poi fare un secondo video in cui chiedono scusa al pubblico.

Anthem ci stava regalando serate di puro divertimento, momenti spensierati e momenti un po’ più seri quando si affrontavano missioni difficili ad alto livello. C’erano anche momenti morti fatti di puro farming ripetitivo, che però, a ben pensarci, se affrontati da soli sono un contro, quando sei in contatto in cuffia con tre o quattro amici, il suo peso è totalmente diverso. La frustrazione raggiunse il suo apice quando mi resi conto che per avere un personaggio completamente coperto di pezzi leggendari, serviva una discreta dose di “fattore C” (Fortuna se preferite) o una imperitura pazienza che mi avrebbe portato a spendere non so quante ore per trovare anche un solo upgrade. Il mio personaggio equipaggiato con qualche pezzo leggendario ed il resto epico, riusciva comunque a permettermi di affrontare il livello di difficoltà più alto del gioco, certo, al netto di avere accanto amici con lo stesso livello e una discreta dose di bravura nel tener il pad in mano.

Anthem al momento ristagna, è privo di contenuti che mi spingono riprendere quel pad in mano per dedicargli delle ore. Eppure, vi posso dire questo: le ore che mi ha regalato, le risate fatte con gli amici, le rosicate per le sconfitte e le esaltazioni per le vittorie collettive, ebbene quei momenti sono tra i più sinceri e belli che abbia mai vissuto mentre giocavo. Ho trentuno anni, videogioco da quando ne avevo cinque, ricordo raramente le sensazioni che mi ha dato Anthem mentre giocavo in cooperativa con altri giocatori. C’è chi definisce il gioco un fallimento, chi lo critica tanto per e c’è chi lo difende senza una base d’esperienza reale, ma posso dirvi questo: il soldi che ho dedicato al gioco, comprandolo ovviamente, sono stati ben spesi se paragonati al numero di ore che ho potuto godermi in compagnia degli amici in un mondo virtuale; alcune delle azioni di gioco più complesse, resteranno negli annali e ne parleremo ancora, ne sono certo. La storia non è finita dopotutto, EA e BioWare possono ancora fare la differenza, ascoltare la community e ridare vita ad un titolo solido, con un gameplay dinamico ed innovativo: aspetto solo questo e sono certo di non essere l’unico.

Tiziano Sbrozzi
Lusso, stile e visione: gli elementi che servono per creare una versione esterna di se. Tiziano crede fortemente che l'abito faccia il monaco, che la persona si definisca non solo dalle azioni ma dalle scelte che compie. Saper scegliere è un'arte fine che va coltivata.

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