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Black Panther – Recensione del film Marvel di Ryan Coogler

Dall’inizio del Marvel Cinematic Universe ne è passato di tempo: più di una dozzina di film e molte serie tv hanno riempito le teste di storie ambientate in questo mondo simile ma insieme diverso rispetto a quello dei fumetti, capace di portare lo spettatore in viaggi che non credeva possibili. Prendendo ad esempio Iron Man, la paura di rendere un cinecomic leggero e divertente era tangibile e legittima all’epoca, mentre ora si può produrre Thor Ragnarok in assoluta tranquillità. A detta della Marvel Studios, tutti i film fino ad ora sono stati preparatori per Avengers: Infinity War, e Black Panther doveva fungere proprio da portata finale prima del gran dessert. Peccato che le cose non sempre vadano come devono.

La storia del film racconta le gesta di T’Challa (Chadwick Boseman), figlio di T’Chaka, che dopo la morte del padre durante Civil War, dovrà prendere in mano il regno del Wakanda, città nel cuore dell’Africa dotata di un’immensa quantità di vibranio, materiale alieno che ha dato a loro la possibilità di sviluppare tecnologie tremendamente futuristiche. Ad aiutarlo ci saranno Nakia (Lupita Nyong’o) e le Dora Milaje capitanate da Okoye (Danai Gurira) contro la minaccia di Ulisses Klaw (Andy Serkis) e Erik Killmonger (Michael B. Jordan).

Se la trama offre tutti i presupposti per far sì che la Marvel sforni l’ennesimo buon film, il film si prende però troppo sul serio, quasi a raddrizzare la rotta dopo l’ultimo film del Dio Nordico. Il film si può dividere in due grandi anime: da un lato ci sono incredibili scene d’azione (più o meno riuscite) capaci di allieviare la lentezza dell’altra, quella fatto di lunghissimi spiegoni sulla storia del Wakanda, degli spiriti dei Re wakandiani e di interminabili dialoghi volti a evidenziare come il Wakanda se ne sia fregato di supportare le popolazioni al di fuori della loro piccola (si fa per dire) città. Un’occasione sprecata quindi, che mina in parte il lavoro di Ryan Coogler, e che porta l’amaro in bocca proprio poco prima del punto di raccordo da tanti atteso.

Tecnicamente, la qualità rimane sempre elevata, specialmente nelle scene girate in Corea, mentre alcuni combattimenti risultano poco emozionanti, quasi semplici scontri corpo a corpo. La colonna sonora curata da Kendrick Lamar che accompagnerà lo spettatore in questo viaggio sarà mista tra musiche tribali e canzoni rap, mescolate al punto giusto: altrettanto giuste sono i dettagli culturali tribali che accompagnano tutto il film, molto coinvolgenti e interessanti da vedere (e sentire).

Simone Lelli
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.

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