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Calcio nei videogames: ecco come funzionano i diritti d’immagine

Zlatan Ibrahimovic, attaccante dell’AC Milan (squadra di calcio che milita nella Serie A italiana), nelle ultime ore ha sollevato una questione a dir poco delicata: quella relativa ai diritti d’immagine dei calciatori e di come questi vengano regolamentati al fine di essere utilizzati nei videogames (nel caso che ci interessa, in particolare). È accaduto infatti che lo scorso 23 novembre il fuoriclasse svedese del Diavolo ha postato su Twitter un commento piuttosto chiaro e diretto (come nel suo stile, d’altronde) nei confronti di Electronic Arts, EA Sports, FIFA e FIFPro, rei secondo il suo punto di vista di non aver interpellato il giocatore per l’utilizzo della sua immagine nel videogame calcistico FIFA 21 (ultimo capitolo della serie EA Sports). Electronic Arts ha risposto, affermando di avere un accordo ufficiale con FIFPro e di aver agito dunque secondo le regole. Ad Ibra la risposta non deve essere sembrata convincente, tanto da portarlo ad intervenire nuovamente sulla questione, ma stavolta via Facebook: “EA SPORTS, FIFPRO e FIFA non hanno ingaggiato me, non mi possiedono. Ma credo che dovrebbero farlo. Sarebbe ora che io e i miei compagni calciatori ricevessimo alcune spiegazioni su cosa sta succedendo”. Cerchiamo quindi di fare luce sulla vicenda, seguiteci con attenzione.

Cosa sono i diritti d’immagine nel mondo del Calcio

Partiamo dal principio: quando un giocatore firma per una società di calcio, egli concede a quest’ultima lo sfruttamento dei diritti relativi alle sue prestazioni sportive. Quindi, ogni tipo di attività esclusivamente legata alle partite del club in questione e agli allenamenti che l’atleta professionista dovrà svolgere per poter dare il meglio sul rettangolo di gioco. Oltre al contratto che lega un calciatore al suo club è presente un secondo contratto che regola l’accordo relativo allo sfruttamento dell’immagine del giocatore. Quasi sempre il calciatore preferisce tenere per sé i diritti della sua immagine al di fuori degli obblighi sportivi: pensate ad esempio ad un marchio di abbigliamento, dove gli introiti per la sponsorizzazione possono entrare direttamente nelle tasche dell’atleta, senza che il club possa alzare un dito a riguardo.

ibrahimovic

Zlatan Ibrahimovic – foto da Sky Sport

La gestione dei diritti d’immagine non viene regolamentata in ogni parte del mondo allo stesso modo. Per quanto ci riguarda, in Italia la gestione dei diritti d’immagine dei calciatori è regolamentata da una convenzione stipulata nel lontano 1981 (e successivamente modificata) tra la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), le leghe e l’Associazione Italiana Calciatori (AIC. L’articolo 1 recita: “I calciatori hanno la facoltà di utilizzare in qualsiasi forma lecita e decorosa la propria immagine anche a scopo di lucro, purché non associata a nomi, colori, maglie, simboli o contrassegni della Società di appartenenza o di altre Società e purché non in occasione di attività ufficiale“. Ciò significa che i calciatori hanno il diritto di sfruttare la propria immagine nella maniera che ritengono più opportuna (nei limiti del buongusto). Le immagini sulle quali, invece, i club detengono i diritti sono quelle dove l’atleta in questione compare insieme al resto della squadra. Immagini del genere possono essere sfruttate esclusivamente per fare pubblicità ad aziende che hanno un accordo di sponsorizzazione stipulato con il club di appartenenza del giocatore. Ne consegue che una società di calcio non può utilizzare l’immagine di un singolo calciatore senza il consenso di quest’ultimo.

Un calciatore ha la facoltà di decidere se cedere in parte o totalmente i diritti della propria immagine, ovviamente in cambio di un ulteriore compenso economico (oltre allo stipendio, che è garantito dal primo contratto, quello che lega il giocatore al club per fini sportivi). I casi in cui i diritti d’immagine vengono ceduti completamente dai giocatori alle società di appartenenza sono ritenuti la normalità in altri Paesi, come in Inghilterra (Premier League). In Italia, invece, vi è solo una società che impone ai giocatori lo sfruttamento totale della loro immagine: il Napoli del Presidente Aurelio De Laurentiis. Motivo, questo, per il quale alcune trattative sono clamorosamente sfumate ai limiti del traguardo (a proposito di Napoli: esprimiamo il nostro profondo cordoglio per la scomparsa di Diego Armando Maradona). Escludendo il club azzurro, dunque, ogni altro club in Italia stipula un accordo che possiamo definire ragionevole: come detto, quando il calciatore indossa la divisa del club i diritti d’immagine vanno alla società, ma se il calciatore decide di utilizzare la propria immagine per sponsorizzare un prodotto qualsiasi, gli introiti derivati dalla cessione dei diritti d’immagine vanno direttamente nelle sue tasche.

Ibrahimovic contro EA Sports e FIFPro

Compreso nei dettagli cosa sono i diritti dei calciatori e come possono essere utilizzati, veniamo al dunque: fa bene Ibrahimovic a prendersela con EA Sports e FIFPro, quando afferma che l’utilizzo della sua immagine in FIFA 21 non è autorizzata? Secondo il procuratore dell’attaccante svedese, Mino Raiola, sembrerebbe proprio di sì. Attraverso il proprio profilo Tiwtter ufficiale, infatti, Mino Raiola ha affermato:

FIFPro e AC Milan non possiedono i diritti d’immagine individuali dei giocatori, come sono certo sappiate e come vi abbiamo detto tante volte.

Come mai, dunque, Electronic Arts afferma di aver sfruttato correttamente i diritti d’immagine di Ibrahimovic in FIFA 21? EA è sicura della sua posizione avendo affermato di aver stretto un accordo non soltanto direttamente con la società AC Milan (uno dei motivi per i quali il Milan è presente con licenza esclusiva su FIFA e non su PES 2021) ma anche con FIFPro.

Dobbiamo quindi capire bene cosa sia FIFPro. Questa è la Federazione Internazionale dei Calciatori Professionisti (“Fédération Internationale des Associations de Footballeurs Professionnels“), nome dal quale viene appunto estrapolato l’acronimo FIFPro, ed ha sede a Hoofddorp, nei Paesi Bassi. Fondata nel 1965, FIFPro gestisce i diritti legati ai nomi e alle immagini dei volti di ogni calciatore che ha un contratto in essere con uno qualsiasi dei club appartenente ad una nazione che, a sua volta, fa parte dell’associazione. Ne consegue che essendo il Milan una squadra appartenente ad una Lega italiana (la Serie A), ed essendo l’Italia una delle nazioni che fanno parte della FIFPro, i diritti relativi alle immagini di Ibrahimovic – ma soltanto quelli che regolano la gestione degli introiti economici derivanti dalle immagini che legano il giocatore al club – siano appunto di proprietà non solo dell’AC Milan ma anche della stessa FIFPro.

Vi è un altro fattore da tenere ben presente: gli accordi che legano FIFPro alle leghe dei diversi campionati in giro per il mondo non vengono stipulati tutti nello stesso modo. In Premier League, ad esempio, è la stessa Lega inglese che a nome di tutti i club che la compongono sottoscrive i termini dell’accordo con FIFPro. Tale accordo permette quindi alla FIFPro, successivamente, di stipulare un ulteriore accordo, che permette ad Electronic Arts di sfruttare i diritti d’immagine di ogni calciatore che scende in campo nella massima divisione inglese. In Italia, invece, i club sono liberi di trattare in maniera autonoma i loro accordi con FIFPro (ecco perché, ad esempio, Milan e Inter sono quest’anno esclusiva di FIFA 21 e Juventus e Roma appartengono a PES 21 di Konami).

Cosa possiamo dedurre da tutto ciò

Da tutto ciò è lecito dedurre che quando Electronic Arts si è rivolta a FIFPro per l’acquisizione dei diritti d’immagine legati al club rossonero, il colosso canadese abbia ritenuto di poter utilizzare anche i volti dei singoli giocatori che compongono la squadra. Questo perché, come abbiamo visto, essendo l’AC Milan una squadra italiana rientra tra i club appartenenti alle nazioni che fanno parte di FIFPro. Ed è qui che nasce il problema: secondo Zlatan Ibrahimovic e il suo agente, Mino Raiola, un accordo stipulato tra un giocatore ed il suo club in merito alla cessione dei diritti d’immagine esclusivamente legati al suo scendere in campo con i colori della squadra di appartenenza, nel mondo reale, niente hanno a che fare con i diritti d’immagine che sono legati alla controparte digitale del giocatore stesso che scende in campo sui campi virtuali di un videogame calcistico (FIFA, in questo caso). Secondo Ibra, dunque, non dovrebbe essere FIFPro a garantire ad Electronic Arts la possibilità di sfruttare l’immagine di un giocatore in un videogame, ma dovrebbe essere la casa di sviluppo del gioco a contattare – caso per caso – ogni atleta (o l’agente che lo rappresenta).

In attesa di ulteriori sviluppi sulla faccenda, vi ricordiamo che FIFA 21 (qui la nostra recensione) è attualmente disponibile su PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch, PC e Google Stadia. Dal prossimo 4 dicembre l’ultimo capitolo sportivo della serie targata EA Sports vedrà la luce su PlayStation 5 e Xbox Series X/S.

Giuseppe Fragola
Dall'ormai lontano 1997 abbatto Draghi virtuali, salvo Principesse, mando in visibilio gli stadi di mezzo mondo a suon di gol e anniento avversari con ogni mezzo a disposizione (dagli hadouken alle spade infuocate). Non vedo ragione per smettere, quindi continuo!

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