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DmC: Devil May Cry – il Dante sbagliato, il giusto gameplay

Dopo un successo altalenante con i quattro capitoli della serie originale, il più giovane dei titoli dedicati alla saga di Devil May Cry è stato alquanto controverso: mediamente buono con le vendite, ottimo sotto il piano del gameplay e della sfida ai livelli più alti, ma tragico dal punto di vista narrativo e carismatico. Proprio per quest’ultimo fattore, purtroppo, DmC: Devil May Cry non è stato apprezzato dai molti fan puristi della saga originaria, attirando più disprezzo di quanto possa essersene mai meritato. Il titolo sviluppato da Ninja Theory tuttavia ha insegnato molto sia a Capcom, sia allo studio di sviluppo, ma soprattutto ha funzionato come vera e propria sveglia per far comprendere alle alte sfere di cosa il pubblico ha fame: “more Devil May Cry”, con Devil May Cry V. Facciamo però un passo indietro, e analizziamo i motivi per cui il DmC: Devil May Cry non è stato gradito da molti, evidenziandone però le grandissime qualità ludiche.

Con il nostro quinto e penultimo appuntamento, continua la nostra carrellata di speciali sulla serie Devil May Cry. Nel prossimo capitolo (che vi ricordiamo arriverà venerdì prossimo come ogni venerdì) andremo a trattare proprio Devil May Cry V, l’attesissimo quinto capitolo della serie canonica che tanto è stato richiesto dai fan. Se non ci saranno sfortunati annunci per un possibile rinvio del gioco, il nostro ultimo appuntamento ci lascerà ad un mese esatto dall’uscita nei negozi. Inoltre, avremo anche la possibilità di provare Devil May Cry V con la demo in uscita il 7 febbraio.

 

Non solo un Demone

Per la prima volta – e fin ora unica – nella storia del brand, ci troviamo di fronte a un titolo che esce dalla serie di base, dando vita a un chiacchieratissimo reboot. Lo sviluppo viene affidato alle sapenti mani del team di Ninja Theory, che nonostante l’esperienza maturata negli anni si è trovata a maneggiare una vera e propria patata bollente. I canoni principali e le caratteristiche base sono rimaste, tuttavia sono molti gli aspetti sia sul contesto, sia sul gameplay, che scindono questo capitolo dal resto dei giochi che abbiamo visto. Prima di tutto, location, trama e personaggi, con DmC: Devil May Cry ambientato in un distopico mondo moderno in cui a far da padrone è un crudele “uomo d’affari” chiamato Mundus, ma che allo stesso tempo è anche niente meno che il Re dei Demoni.

A differenza della serie canonica, dove Dante e Virgil sono figli di Sparda e di una donna umana, qui il nostro paladino e il suo gemello non sono dei demoni, bensì dei Nephilim: creature nate dall’unione di un Demone (sempre Sparda) e di un Angelo (Eva), estremamente temute. Chiaramente tale unione non fu vista di buon occhio, e quando i due gemelli erano ancora piccoli furono privati dei genitori e separati. Lo sfondo dell’avventura è Limbo City, una metropoli dove a dettare legge è proprio l’incontrastato Mundus, ma soprattutto dove la linea di demarcazione tra mondo terrestre e demoniaco è molto flebile, tanto che spesso verremo a dir poco trascinati in una dimensione parallela tra l’uno e l’altro, popolata da orde di orribili nemici. Il nostro nuovo protagonista si troverà a riscoprire le proprie radici, cercando di smantellare pezzo per pezzo l’impero di Mundus. Ma c’è di più?

Addio argentata chioma, o arrivederci?

Come già detto, il Dante e il Virgil di fronte a noi sono totalmente diversi, perché in DmC: Devil May Cry lo stile generale dell’opera subisce una forte occidentalizzazione, sfruttando comunque elementi base della Divina Commedia come nei precedenti giochi, ma stravolgendo le carte in tavola su tutto il resto. Prima di tutto, i personaggi: Dante rimane in ogni caso un sinonimo di stile e voglia di mettersi in mostra, ma in DmC diventa anche estremamente spaccone, inizia a fare utilizzo di un vocabolario eccessivamente scurrile – anche quando non richiesto dalla situazione – ed è privo dell’incredibile carisma che lo contraddistingueva. Virgil tuttavia si mostra un personaggio interessante, motore della rivoluzione e enigmatico quanto basta… se non fosse per il fatto che conoscendo la storia dei precedenti giochi, sappiamo già dove andrà a parare. In ogni caso personaggi ed eventi sono fortemente contestualizzati al background che si è costruito intorno alla loro città e alle loro storie personali, tanto che a Virgil sono stati dedicati due fumetti tie-in che fanno da prequel al gioco, raccontando di come il Nephilim ha incontrato Kat, ragazza umana che aiuterà i due nei loro scopi con i suoi poteri psichici.

Devil May Cry

Senza approfondire ulteriormente gli sviluppi della trama, che ci vedranno menare le mani in più di un’occasione per arrivare al quanto mai scontato duello con Virgil, parliamo del gameplay. Questo è stato fin da subito per DmC: Devil May Cry il vanto maggiore: rapido, adrenalinico, variegato, e per nulla scontato. I Ninja Theory hanno deciso di marcare il dualismo di Dante tramite i trigger posteriori del pad: infatti, una volta che il nostro personaggio avrà riscoperto a fondo le sue origini, potremo utilizzare – oltre a colpi neutri – i poteri dell’arma demoniaca e di quella angelica, alternandole a nostro piacimento e sfruttandole anche per attrarre e/o attirare noi stessi ai nemici, ma che potremo utilizzare anche come rampino per raggiungere posti lontani o attrarre dei veri e propri pezzi di mappa verso di noi. Chiaramente a seconda dei nemici che si incontrano in gioco, è più opportuno utilizzare l’una o l’altra (dato che saranno a volte invulnerabili a uno dei due tipi), ma per buona parte del gioco saremo portati a creare delle combo stratosferiche alternando i due tipi di poteri (anche grazie al graduale sblocco delle abilità tramite gli eterni globi rossi).

Anche il Devil Trigger, volgarmente chiamato “Modalità Demone”, ha subito delle notevoli variazioni, dove torna la rigenerazione graduale della vita, ma soprattutto vedrà il tempo quasi fermarsi, con i nemici sospesi in aria e completamente alla nostra mercé. Menzione particolare va fatta per le bossfight, sempre diverse le une dalle altre ed estremamente divertenti, ma di numero purtroppo abbastanza risicato. Altra caratteristica fondamentale che torna come in tutti i titoli canonici, è quella riguardante i punti Style grazie alla variazione di combo (nelle quali potremo sempre e comunque sfruttare anche le nostre armi da fuoco, leggermente più determinanti dei capitoli precedenti), che sono sempre loro, ma cambiano le diciture. Infine, ma non per importanza, sono sparsi tra i livelli dei punti segreti da raggiungere, delle speciali porte che nascondono al loro interno degli oggetti fondamentali, ma anche le sfide, nelle quali dovremo compiere azioni specifiche in un determinato tempo o modo.

Pit-Stop

A questo punto ci staremo chiedendo: perché mai un titolo tanto valido sotto il punto di vista del gameplay è risultato un tale fallimento mediatico, snobbato soprattutto dai fan? E Anche dopo l’arrivo della Definitive Edition che lo ha portato su console di nuova generazione con tanto di DLC “La Caduta di Virgil” e modalità Palazzo di Sangue al seguito? La risposta potrebbe risedere in più punti, dove quelli più forti sono di certo legati al repentino cambio di rotta sul piano narrativo, ma ancor più pesante è quello dei personaggi: passare da un Dante carismatico e con un fascino tutto suo, dove unisce lo stile a una spacconaggine “buona”, a quello del titolo di Ninja Theory (ma anche nemici al seguito) che fa uso di un vocabolario estremo anche per chi certe parole le usa nella vita reale, di certo ha funzionato solo come schiaffo morale.

In ogni caso, se si riesce a soprassedere a tali caratteristiche, e alla probabilità di non vedere mai arrivare un seguito per questo capitolo reboot, consigliamo caldamente di recuperare DmC: Devil May Cry, perché riesce a regalare una grande e piacevole sfida (se si riesce a superare lo scoglio iniziale per abituarsi ai nuovi comandi). Detto questo, vi diamo appuntamento al nostro ultimo speciale della carrellata, che dopo averci fatto rivivere passo dopo passo tutti i Devil May Cry usciti fino ad ora, ci vedrà approfondire il nuovo titolo di Capcom a un mese esatto dall’uscita.

Gianluigi Crescenzi
Classe 90, invecchia bene tanto quanto il vino, anche se preferisce un buon Whisky. Ama l'introspezione, l'interpretazione e l'investigazione, e a volte tende a scavare molto più del necessario. Inguaribile romantico, amante della musica e cantante in erba, si destreggia tra hack n'slash, soulslike, punta e clicca e... praticamente qualsiasi altro tipo di gioco.

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