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Dolmen – Recensione di un soulslike spaziale

Massive Work Studio ci porta nel mondo fantascientifico e futuristico di Dolmen: in sede di recensione ci siamo accorti che, sebbene il nome sia antico, il gioco tenta di unire passato e presente con un gameplay stile “Souls-Like” e qualche guizzo che ci ricorda gli shooter in terza persona. Il tutto in un’atmosfera sci-fi a tinte dark con una punta di horror a condire questa insalata di idee. Koch Media punta alla distribuzione di questo titolo e come tanti altri che sta immettendo sul mercato gioca le sue carte come meglio può, ma saranno stati capaci gli sviluppatori a darci modo di vivere il sogno di un souls unito a Dead Space? Beh non ci resta che scoprirlo.

DolmenUn mondo alla deriva

Prima di passare alla recensione del gioco, parliamo della trama: Dolmen è il nome di un raro cristallo scoperto dalla società umana in uno dei tanti pianeti che compongono la galassia: la civiltà è progredita al punto che, come specie, è divenuta piena di spazionauti esperti capaci di coprire immense distanze e far svettare la propria bandiera ovunque l’occhio si posi. Il nostro eroe (senza nome in quanto sarà un’avatar personalizzato creato dal giocatore) viene proiettato su un pianta che contiene questo raro minerale, il Dolmen: il motivo di tale intervento è che nella stazione scientifica presente sul pianeta qualcosa è andato storto e sembrerebbe che decine di cavie (mostri di ogni genere) siano liberi dalle gabbie ed imperversino nella struttura.

Compito del nostro eroe, un militare addestrato, sarà quello di scoprire cosa è successo all’intero del centro di ricerca, salvare quanti più scienziati possibili (se ci sono) e recuperare il Dolmen in modo che gli esperimenti su questo minerale non cessino. Già dalle prime fasi di arrivo sul suolo, il protagonista dovrà fare i conti con un teletrasporto non proprio ottimale, colpito da un’interferenza del caso che lo fa precipitare in un punto non meglio precisato del pianeta. Qui le cose si complicheranno quando dovrà avere a che fare con mostri e nemici di ogni genere, il tutto inizialmente da solo. La trama è alquanto pretestuale e questo, si sa, non è un problema nei giochi soulslike che fanno del gameplay il loro punto di forza più alto, ma questa volta ci sentiamo di dire che avrebbero potuto fare di più.

DolmenSoulslike e classi

In Dolmen saremo chiamati a costruire da zero un avatar con caratteristiche e punti statistiche peculiari: di base potreste propendere per un personaggio che sfrutta un’ascia e uno scudo come armi, oppure uno che predilige le armi pesanti come spadoni a due mani o infine qualcuno più rapido che si getta in mischia con delle lame laser che gli escono dagli avambracci (in stile Wolverine per intenderci). Quale che sia la classe di riferimento nel gioco avranno tutti a disposizione un’arma secondaria da fuoco, che sia un fucile mitragliatore, una pistola laser o uno shotgun, vi troverete a sparare, e per farlo vi servirà attingere oltre che alla stamina (elemento di fatica imprescindibile sia che si tirino colpi con le armi bianche o che si corra) ad un’altra statistica simile al mana che si può rigenerare con dei nuclei di energia che si trovano sconfiggendo i mostri.

In generale più sarete aggressivi più il gioco vi premierà con maggiori nuclei e oggetti rari come metalli e cristalli. Giunti in uno dei Fari di Collegamento, questi svolgeranno la funzione di check-point, al pari dei falò presenti nei titoli del genere (oppure delle Grazie se avete giocato di recente Elden Ring, nel caso vi lasciamo un link alla nostra pagina dedicata). Attraverso i fari potrete teletrasportavi sulla nave madre e qui propendere per potenziamenti della vostra armatura, delle armi o l’acquisizione di punti statistiche sempre a “pagamento”, spendendo la valuta che otterrete sconfiggendo i nemici, paragonabile alle classiche anime.

DolmenUn Souls low budget

I problemi che abbiamo visto durante la recensione di Dolmen sono molteplici: in prima battuta il controllo del personaggio risulta legnoso e poco reattivo rispetto al’input che viene comandato dal controller (per intenderci il protagonista compie un passo una frazione di secondo dopo che viene mosso l’analogico sebbene questa animazione parta dopo, il personaggio si muove lo stesso come fosse su un binario invisibile). Graficamente non eccelle in nulla, tranne che nei giochi di luce e nelle armi che si illuminano in maniera ottimale: quando però proverete a lanciare un’abilità questa occuperà un numero esorbitante di frame al punto che sarete esposti a qualsiasi attacco nemico. Obiettivamente non siamo riusciti a capire se questa è stata una scelta di level design o un errore di design, ma siamo certi che le abilità potrebber sicuramente essere migliorare.

Purtroppo l’idea originale che differenziava il titolo dai classici del genere, ci sentiamo in dovere di bocciarla in toto: i fari di collegamento, sebben possa sembrare interessante a prima vista, ad uno sguardo più attento mostra la problematica del dover attendere diversi secondi di caricamento per andare e tornare dall’astronave, con l’obbligo di doversi muovere all’interno della stessa per raggiungere ogni punto di potenziamento, rendendo tedioso e noioso questo processo. Sfortunatamente Dolmen risulta essere un’esperienza poco rifinita anche dal punto di vista del gun-play in quanto tutte le armi che impugnerete restituiranno il medesimo feedback sia che si tratti di una pistola laser che di un fucile, senza dare una sensazione diversa, rendendo il tutto scialbo e dando una sensazione di “già visto”.

Dolmen

6

Dolmen è la manifestazione di cosa succede nel gestire meccaniche difficili come quelle di un souslike in low budget: ovviamente ci si ritrova con problematiche non da poco, quali un gameplay non all'altezza della situazione, una grafica scialba e un gun-play stirato al limite dell'inutilità. Decisamente troppa carne al fuoco per un piccolo sviluppatore che avrebbe fatto meglio a cimentarsi in un'unica disciplina, magari quella dell'arma bianca, fatta bene e senza sbavature.

Tiziano Sbrozzi
Lusso, stile e visione: gli elementi che servono per creare una versione esterna di se. Tiziano crede fortemente che l'abito faccia il monaco, che la persona si definisca non solo dalle azioni ma dalle scelte che compie. Saper scegliere è un'arte fine che va coltivata.

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