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Encanto – Recensione, il nuovo classico sbarca finalmente su Disney+

Dopo una lunga e travagliata produzione, finalmente Encanto è uscito anche su Disney+, il nuovo musical della casa di Burbank, che analizzeremo in questa nostra recensione. Questa volta viaggeremo nell’America del Sud e scopriremo ogni lato positivo – e negativo – della famiglia Madrigal, che con i loro poteri magici e talenti unici cercheranno di mantenere la pace nella loro piccola città. Senza ulteriori indugi, tuffiamoci dunque in questo nuovo immaginario diretto da Byron Howard e Jared Bush, con una sceneggiatura e colonna sonora curata da Lin-Manuel Miranda.

Un viaggio dentro se stessi

Il sessantesimo classico Disney – e secondo lungometraggio uscito nel 2021 – decide di allontanarsi dai toni epici di Raya e l’ultimo Drago, di cui potete trovare qui la nostra recensione, e di imbracciare con Encanto un dramma familiare con un gigantesco comparto musicale. Mirabel, la nostra protagonista, è l’unica della famiglia Madrigal a non aver ottenuto un talento magico particolare donato dalla magica candela che protegge tutta la cittadina di Encanto. Questo scuoterà profondamente non solo lei, ma anche l’intera famiglia che inizierà a dubitare sulla longevità e sulla sicurezza dei loro poteri… spetterà dunque a Mirabel scoprire ciò che sta turbando i poteri dei suoi parenti e ripristinare la pace e la tranquillità in questa magica cittadina del Sudamerica.

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Questo nuovo lungometraggio animato del topo di Burbank ha un profondo comparto corale. Uno dei punti fondamentali è sicuramente il rapporto tra Mirabel e ogni membro della sua famiglia. Da questo punto di vista il film vince e convince fin da subito, mostrando ad come la nostra protagonista faccia di tutto per confortare il cuginetto che sta per scoprire il suo talento magico – e che giustamente ha paura che succeda anche a lui ciò che è successo alla sua occhialuta cugina. Purtroppo col proseguimento delle vicende questo lato va un po’ a scemare, per dare più spazio al mistero che coinvolge la scomparsa dello zio Bruno e del suo potere che predice un disastroso futuro per la famiglia.

Encanto fin da subito mete delle solide basi nella sua narrazione, facendo capire allo spettatore che il film che sta per guardare non cercherà di emozionarlo con un’avventura epica che sconvolgerà la protagonista facendole capire il vero senso della vita. Piuttosto si tratta di un musical dalle tinte leggere, dove un dramma domestico scuoterà l’intera famiglia Madrigal. Forse sta qui l’unico grande problema del film, ossia che non c’è una vera e propria missione o un viaggio che deve intraprendere la protagonista, nulla è in palio e nulla è a rischio. Semplicemente la nostra Mirabel sarà colpita da un profondo turbamento interno, che la porterà a scavare nelle fondamenta del suo animo e – letteralmente –  anche della sua casa.

Un nuovo musical di nome Encanto

Detto questo, però, il nuovo classico Disney riesce comunque a intrattenere senza particolari guizzi narrativi o registici, il tutto incorniciato da una sontuosa colonna sonora e un comparto tecnico che, come Disney ci ha abituati da anni ormai, si è ormai sedimentata negli studi di animazione e non ha più intenzione di andarsene. Un plauso però va fatto a come è stata resa la casa Madrigal, enorme magione dove tutta la famiglia omonima vive, che grazie a un’antica benedizione prende vita e diventa il vero collante della famiglia: assiste e si prende cura non solo della suddetta famiglia, ma anche di ogni persona che vi entra e in ogni pezzo musicale balla e suona insieme agli altri.

Encanto

Tornando a parlare del comparto musicale in questa nostra recensione, Encanto riesce davvero a eccellere con una colonna sonora composta e curata da Lin-Manuel Miranda, noto per i ruoli di spicco nei musical di Broadway In the Heights” e “Hamilton”, oltre che per aver già composto i brani di Oceania. Seppure nel suo complesso non spicchi per varietà, riesce a catturare ogni sfumatura della cultura sudamericana, con una grande importanza data ad archi, trombe e chitarre acustiche. I testi, a parte un paio di tracce, non risultano da subito memorabili, ma per scoprire quali supereranno la prova del tempo bisognerà ancora aspettare qualche anno (anche se “Non si nomina Bruno” tra tutti i brani sembra essere già entrato nella mente collettiva di tutti coloro che hanno già visto questo film).

L’unico vero problema riguardante la colonna sonora è strettamente narrativo, ed è collegato al modo con cui si evolve la trama durante le canzoni. Poche volte nei film musical moderni le canzoni sono utilizzate per raccontare dei punti centrali nella trama, a parte per le loro controparti teatrali, e purtroppo in sede di recensione vi confermiamo che Encanto inciampa ogni tanto in questo errore. Alcuni risvolti chiave avvengono nel giro di una canzone e non vengono approfonditi con la calma e i tempo necessario: due personaggi che si sono sempre odiati, nel giro di una coreografia cantata di due o tre minuti sembrano aver dimenticato completamente il loro passato e iniziano a volersi bene come mai prima d’ora.

Infine, il messaggio finale che vuole passare questo film è davvero interessante e molto maturo. Alla fine del suo viaggio all’interno di se stessa, Mirabel scopre di avere sempre avuto un potere nascosto dentro di sé, ma no è nulla di magico o sovrannaturale. È lei l’unico membro della famiglia che con la sua purezza e bontà d’animo sarà il vero collante tra i suoi cari, riuscendo anche a scalfire l’algido cuore della sua Abuela. In fin dei conti che senso ha avere una stanza personale, come ogni altro membro della famiglia Madrigal, se la tua stanza può essere la casa stessa?

Encanto

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Encanto non promette viaggi epici o grossi colpi di scena, ma nel suo piccolo racconta un bel dramma familiare, dove la protagonista - turbata da un grosso trauma ricevuto in tenera età - dovrà scoprire il suo ruolo in una famiglia che sembra troppo al di sopra di lei. Con un comparto musicale eccelso, questo musical Disney intrattiene per tutta la sua durata e nel finale dona una gran bella morale. Forse un po’ troppo repentino in alcuni punti della trama, ma senza dubbio assolutamente godibile, soprattutto in questo periodo di feste.

Mauro Landriscina
Nato nel 1997 e al momento studente di Cinema, fin da piccolo si appassiona di videogiochi grazie al Game Boy Color del fratello maggiore. Pensa troppo al futuro e poco al presente, spesso perdendosi nei suoi pensieri e andando quindi a sbattere su qualche palo per strada. Il suo sogno nel cassetto è quello di dirigere un film d'animazione.

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