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Encodya – Recensione, una storia che parla al passato guardando il futuro

In un periodo in cui il mercato videoludico sembra disegnato da un fermento unanime, concentrato sulla ricerca di titoli che riescano a sfruttare le potenzialità della nuova generazione, ecco che il settore dell’indie tenta, attraverso progetti che promuovono un approccio totalmente differente, di muoversi verso lidi non troppo massificati o conosciuti, con videogiochi disegnati più propriamente e specificatamente dalla voglia di raccontate e raccontarsi, piuttosto che da quella di mostrare i “muscoli”. In questo tratto di penna si delinea Encodya, titolo che fin dalla sua primissima presentazione ha voluto imboccare una strada tutta sua, seguendo un sentimentalismo estremamente personale che, soprattutto in questo periodo, non dispiace affatto. La sincerità del progetto, tangibile a partire dalle prime immagini e parole rilasciate sul web, ha catturato il cuore di coloro che ci hanno creduto, di coloro che hanno investito su un qualcosa di apparentemente semplice, ma comunque, in un certo qual modo, affascinante. 

È proprio l’identità immediatamente riconoscibile di questo Encodya a colpire, identità costruita, ovviamente, attraverso un citazionismo chiaro sia dal punto di vista estetico che narrativo, con piacevoli rimandi a un passato forse troppo dimenticato. Inoltrarsi in questa avventura “punta e clicca” significa immergersi in qualcosa che richiede la massima attenzione, in un gioco che attinge pienamente dall’immaginario commerciale del suo genere, sviluppando fino in fondo dinamiche che rimandano a vecchie glorie quali Monkey Island et similia, ad esempio. Questo deve far riflettere fin da subito sul prodotto che si sta stringendo fra le mani e sulle potenzialità geniali, soprattutto nei confronti di un approccio che condurrà il giocatore o a ricordare il passato del medium, o verso un qualcosa di totalmente anomalo. 

Le origini di Encodya

La prima caratteristica che salta immediatamente all’occhio, quando si avvia Encodya, è proprio lo stile estetico delle varie immagini, dell’ambientazione che comincia a formarsi in seguito ai vari sviluppi. Lo stile cartoon della grafica è legato al fatto che il videogioco in questione si ispira a un cortometraggio animato dal nome: “Robots Will Protect You”, con tutta una serie di palesi richiami sia verso Blade Runner, sia verso l’approccio tipicamente riscontrabile nei film che hanno reso celebre lo studio Ghibli. Parlando del videogioco, partendo quindi da un’identità narrativa ed estetica chiara, questo si è originato da un progetto kickstarter nel quale, gradualmente, sotto agli occhi di chi ci ha creduto fin dall’inizio, ha preso vita e forma, modellato da Assemble Entertainment (di Nicola Piovesan) e Chaosmonger.

Encodya

Di cosa stiamo parlando?

Encodya è un gioco estremamente classico nel suo porre le proprie possibilità interattive al giocatore. Si tratta di una storia incentrata su due protagonisti abbastanza familiari nella loro caratterizzazione: Tina (un’orfana di nove anni) e SAM-53 (un robot che la segue passo passo, quasi fosse una guardia del corpo, nonché amico fidato, al suo fianco per alcune motivazioni non specificate, ma comunque facilmente leggibili). Questi due vivono ai margini di una gigantesca metropoli dalle fattezze sia Scottiane che Langhiane (con rimandi palesi ad un tipo di cinema costruente da sempre le sue narrazioni su realtà distopiche che, nei loro eccessi, criticano aspetti della nostra stessa società): Neo-Berlino, nell’anno 2062. Gli eventi, che li vedranno muoversi nei meandri di questa mostruosità in cemento e tecnologia, partendo dalle più classiche features del genere, si svilupperanno in tutta una serie di dinamiche che andranno a toccare non soltanto aspetti palesemente satirici, ma anche sentimentali, drammatici e forti, in un contesto che darà molto da riflettere, soprattutto se esplorato nei suoi meandri più profondi.

È proprio la scelta dei lineamenti steampunk generali il tratto che fin dal principio coinvolge di più, tratto, come abbiamo detto sopra, ricco di richiami ad una cultura ben precisa che qui si muove subdolamente, seguendo strade che alternano tonalità narrative scherzose, con momenti estremamente neri. La narrazione generale di Encodya, infatti, è continuamente sporcata dalle dinamiche sociali che vengono a costruirsi nella sua ambientazione, con incontri e rappresentazioni che impattano in più modi sul giocatore il quale si muove al suo interno. Il fatto di indossare i panni di una bambina piccola e l’assistere al suo muoversi in un luogo prevalentemente apatico e smorto, resta uno dei confronti più affascinanti di un videogioco dai chiari intenti emotivi. Le strade di questa Neo-Berlino sono il costante affresco di un mondo che tutti noi conosciamo bene, ricche di richiami e spunti e critiche, alle volte non troppo velate, che, se colte a pieno, fanno sempre piacere, ispirando anche qualche sorriso amaro.

Il distacco generale di un luogo insensibile e governato dall’incomunicabilità restano centrali in una storia che vuole rompere tutti questi limiti, generati da chissà cosa.

Un punta e clicca classico

Trattandosi di un punta e clicca, ovviamente, diventa centrale l’osservazione di quanto si ha davanti, cercando di trarre soluzioni ai vari enigmi che, mano a mano, si pongono davanti ai nostri protagonisti, enigmi che si sviluppano partendo da vicissitudini semplicissime, arrivando a momenti di una complessità particolare. Questa si riallaccia proprio ai primordi del genere, lanciando quindi il giocatore in un contesto che non offre troppe spiegazioni su come avanzare. Sostanzialmente si tratta di immergersi negli eventi leggendo le varie situazioni con attenzione ed ascoltando passo passo quanto ci viene detto. Fin dall’inizio, comunque, ci viene posta una scelta per quanto concerne la difficoltà della storia. Questa si sviluppa in due strade: Facile (modalità nella quale avremo degli aiuti nel proseguire con gli eventi, aiuti quali Suggerimenti diretti da SAM quando ci si blocca, oppure la possibilità di evidenziare gli oggetti da raccogliere in giro tenendo premuta la barra dello spazio (ovviamente ogni aiuto richiesto inficerà sul risultato finale, mutando i premi alla fine del gioco), e Difficile (qui non si avrà alcun aiuto di sorta). La scelta della difficoltà, come viene spiegato dall’inizio, è fondamentale e senza ritorno.

Encodya

Nel corso dell’avventura si potranno utilizzare, alternativamente e liberamente, entrambi i protagonisti. Ognuno di loro è specificatamente importante in base alle varie situazioni che si presentano. Si possono analizzare gli oggetti, raccogliere, mettere nell’inventario, fondere fra loro. Inoltre si può interagire con alcune fra le persone che albergano nella metropoli attraverso dialoghi dalla scelta multipla che condurranno a sviluppi interessanti, approfondendo ancor di più il mondo di gioco. Sono questi uno degli elementi più originali di questo Encodya , il quale, fin da subito, mette in chiaro uno stile ben preciso e diretto che vuole raccontare una storia seguendo un percorso piuttosto autoriale. L’interazione è un altro elemento centrale nell’approccio al contesto narrativo. Parecchi sono i dettagli messi a disposizione, oltre che dai dialoghi, anche dai vari commenti che i protagonisti fanno mano a mano che si avanza (ovviamente l’introspezione non è centralissima, ma nel suo piccolo è presente).

Ciò che rapisce fin dal principio, in Encodya, è la sua capacità di “immergere” il fruitore all’interno di quello che ha davanti agli occhi. Andando oltre le varie citazioni suddette, si tratta comunque di un mondo ben realizzato, pur non troppo distante dai cliché del genere estetico di appartenenza, che, muovendosi attraverso l’inquadratura fissa in spostamenti bidimensionali, riesce con la cura generale a rapire, soprattutto per quanto riguarda i dettagli più curiosi, sempre pronti a parlare all’occhio più attento. Fondamentale resta anche la colonna sonora, sapientemente utilizzata per valorizzare i vari scorci, strade, personaggi, sporcizia varia e soprattutto situazioni.

Encodya

7.5

Tirando le somme ci troviamo davanti ad un videogioco nel quale si percepisce la sincerità degli intenti, anche nella suo essere anacronistico, soprattutto quando si parla di gameplay e sviluppo dell’interazione generale. Il mondo rappresentato resta la costante in una storia che, pur attingendo palesemente da altri lidi narrativi, rielabora il tutto attraverso un tocco personalissimo pronto ad alleggerirne la reiterazione, alle volte anche stucchevole. Resta il cuore, resta la cura, anche se lo sperimentalismo si presenta in maniera altalenante. Un punta e clicca vecchia scuola che, nel suo disegnare una storia dalle tinte piuttosto dirette, riesce a staccarsi alternativamente dai modelli di partenza, trasponendo un lavoro che fa della sincerità la sua energia pulsante.

Nicholas Massa
Adora i videogiochi e il cinema fin dalla più tenera età e a volte si ritrova a rifletterci su... Forse anche troppo. La scrittura resta un'altra costante della sua vita. Ha pubblicato due romanzi (a vent'anni e venti quattro) cominciando a lavorare sul web con varie realtà editoriali (siti, blog, testate giornalistiche), relazionandosi con un mondo che non ha più abbandonato.

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