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Gemini Man – Recensione del nuovo film di Ang Lee

Gemini Man è un film d’azione fantascientifico con protagonista un uomo che di fantascienza ne ha masticata a pacchi nella sua carriera, dopotutto Will Smith non è certo un attore di primo pelo. Dietro le telecamere troviamo un maestro del tecnicismo, Ang Lee, regista taiwanese che dopo averci emozionato con Vita di Pi ci porterà questa volta in un mondo più attuale e certamente più vicino al nostro quotidiano. Will Smith interpreta Henry Brogen, un cecchino di livello omega, probabilmente il primo al mondo nel suo lavoro, che da molto tempo offre i suoi servigi allo stato americano.

Prossimo alla pensione, Henry Brogen si ritrova però invischiato in un complotto più grande di quello che pensava e infatti, appena dopo aver eliminato il suo ultimo obiettivo, l’uomo scopre che in realtà lo Stato gli aveva mentito sulla natura del bersaglio stesso, spacciando un chimico per un bioterrorista. Henry decide dunque di vederci chiaro e inizia a indagare sui fatti, coadiuvato da una neofita del campo dello spionaggio, Danny (Mary Elizabeth Winstead), e da un vecchio veterano di guerra, Baron (Benedict Wong).

Sfruttare le nuove tecnologie

Senza andare ad intaccare sorprese o altro, del resto dal trailer è palese che il protagonista si ritroverà davanti a un nemico non facile da fronteggiare, ovvero un giovane se stesso mosso dall’insaziabile desiderio di sconfiggere il suo obiettivo il più velocemente possibile. Qui il film riesce divinamente: il sistema di Motion Capture utilizzato per riprodurre il volto di un giovane Will Smith sul set è davvero all’avanguardia, al punto che l’occhio non riesce ad accorgersi che si tratta di una riproduzione virtuale.

Altro punto a favore della pellicola sono le telecamere, con scelte prese senza badare a spese, spremendo al massimo la tecnologia moderna per offrire un prodotto che in 3D+ HFR (sistema che pone ogni fotogramma in alta definizione), è davvero da primato e difficilmente troverete in giro una fluidità di movimento così ben dettagliata, al punto che vi sembrerà di guardare l’azione da una finestra gigante e non attraverso lo schermo del cinema. Il 3D è pazzesco, con frammenti di oggetti che voleranno ovunque attraverso lo schermo per finirvi accanto al viso e in più di un’occasione vorrete schivare in prima persona qualche colpo di proiettile tanto è presente l’azione attorno a voi.

Dove ho fallito?

Ebbene dopo una colonna sonora ben pensata e adatta alle scene, dopo una decente introspezione del  protagonista che in genere è quasi lasciata al caso in film simili, dopo le ottime performance di Will Smith e compagni, dove ha sbagliato il film? Nella regia, potreste dire: ebbene no! Nemmeno nella regia si possono trovare errori; lo sbaglio, se così lo possiamo definire, è proprio nella trama generale, nell’aver voluto mettere tanto impegno nella ricerca delle strumentazioni d’ultima generazione per un film che non ne necessitava, salvo nel Motion Capture che per ovvie ragioni andava utilizzato. La sensazione generale mentre si guarda Gemini Man è di già visto, già vissuto in qualche modo. Altra pecca è senza dubbio la scelta dell’attore principale: senza voler togliere nulla al bravissimo Will Smith, forse sarebbe stato più realistico inserire un attore non così avanti con l’età e con la carriera, magari intorno ai trentacinque o quaranta sarebbe stato meglio, mentre qui l’effetto che si genera è quello di vedere un nonno che se la prende con il nipote. Il film non convince proprio per la sua sostanza che sebbene dal punto di vista tecnico sia inattaccabile, dal punto di vista di fruibilità è scialbo e insapore.

Gemini Man

4

Gemini Man è un film tecnicamente superbo ma a cui manca l'anima, è un po' come la foto di un ottimo piatto di pasta, con la luce giusta e il giusto equilibrio di elementi ma che non puoi mangiare. Se Ang Lee ci mette di fronte alle nuove tecnologie e lo fa davvero bene, con ottimi attori a schermo, una fantastica regia, un'apprezzabile soundtrack e un protagonista convincente e sufficientemente delineato nella sua personalità, ma allo stesso tempo il regista - o chi per lui - non ha saputo curare con altrettanta attenzione lo storytelling, rivelatosi scialbo e incapace di conquistare l'attenzione.

Tiziano Sbrozzi
Lusso, stile e visione: gli elementi che servono per creare una versione esterna di se. Tiziano crede fortemente che l'abito faccia il monaco, che la persona si definisca non solo dalle azioni ma dalle scelte che compie. Saper scegliere è un'arte fine che va coltivata.

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