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GreedFall – Recensione, il GDR fatto di alti e bassi

Nell’era moderna creare un giochi di ruolo che possa competere sul mercato è un’impresa non da poco, quasi mastodontica se non si possiede un budget di alto spessore. Già solo quest’ultima generazione di console ha portato alla ribalta giochi del calibro di The Witcher 3 e Dragon Age: Inquisition, mostri sacri che è quasi impossibile eguagliare o scansare dal loro trono. GreedFall per ovvie ragioni non cerca minimamente di competere con titoli del genere, ma a suo modo cerca di piazzarsi nella stessa fetta di mercato. Come lo fa? Semplice, cercando di raccontare a modo suo una storia “differente”, implementandola a un gameplay abbastanza profondo e gratificante.

Tuttavia, come già accennato, riuscire a sviluppare un GDR appagante e che rispetti i canoni classici è un’impresa davvero ardua, e non fatevi ingannare da qualche video gameplay del vostro youtuber preferito o dai classici trailer montati alla perfezione, pad alla mano il titolo nasconde qualche evidente problema ma che, alla fine della fiera, non incide più di tanto sulla godibilità. Vi spiego meglio questo ultimo passaggio: i giocatori più ferrati su questa particolare tipologia di prodotti troveranno tutto divertente e godibile, chi è meno avvezzo potrebbe storcere il naso. GreendFall è un controsenso allucinante: passa da attimi di epicità e di scrittura approfondita, a momenti sterili, cose già viste e che non aggiungo niente di nuovo.

Cosa aspettarsi dalla trama 

Partiamo col dire che, seppur le premesse narrative siano abbastanza originali, dopo pochi minuti sarà chiaro e lampante che tutto il background del protagonista sarà inutile ai fini della trama generale, ma no per l’obiettivo principale. Andiamo con ordine: GreedFall parte da un immaginario forte e molto in voga, e sicuramente la casa di sviluppo ha puntato su questo contesto storico per avvicinarsi a più appassionati possibili. Nel gioco, infatti, sarete catapultati in un diciottesimo secolo stile fantasy, dove il confine tra la realtà e l’arcano è davvero sottile. La fede religiosa è cieca e non ammette ragioni contrarie, tanto da debellare e uccidere tutto quello che si ponga contro al dettame o che metta in dubbio le sue credenze.

A contrasto con queste credenze così forti, ci sono popolazioni indigene che, come gli indiani americani, sfruttano la natura per sopravvivere rispettando e traendo forza da essa anche tramite magie. Questo scenario così ampio e stratificato non sarà approfondito, perché fin da subito capirete che la trama può unicamente prendere solo ed esclusivamente due strade, entrambe costernate da moltissime quest secondarie di poco conto e per nulla coinvolgenti, tranne alcune. La prima via che dovrete percorrere sarà quella della salvezza dell’Europa, visto che una strana forma di peste chiamata Malicore sta sterminando la popolazione. La seconda invece sarà quella di diventare una figura diplomatica per mediare tra regni, cosa che ci sembra abbastanza campata per aria, se pensiamo che il protagonista è sì un nobile, ma solo a causa di una forte dote ottenuta tramite l’attività commerciale della famiglia.

Dopo poco saremo la persona che risolverà i problemi all’intera popolazione, sventando piani di giovani e crudeli nobili o aiutando qualche povero disgraziato a salvare la pellaccia. Tutto questo ci sembra tremendamente fuori contesto: perché tutte queste persone dovrebbero affidarsi a noi? Se volessimo chiudere un occhio, potremmo, ma alcune domande restano evidentemente senza risposta. Sebbene i dialoghi siano davvero, e sottolineo davvero, ben scritti, i pochi approfondimenti non danno modo di scoprire più di quanto sia necessario, sia a livello di storia, sia sulla conoscenza dei vari personaggi. Rimane chiaro come il sole che l’intero mondo di gioco ha una storia ben precisa, con guerre che sono state combattute e con la civiltà stai avanzando inesorabile distruggendo la vita pacifica di questi indigeni, ma il tutto è spiegato in maniera alquanto velata e priva di mordente. Anche i membri del gruppo sono stati poco caratterizzati, diventando ben presto comprimari dimenticabili e privi di un qualunque tipo di entusiasmo o caratterizzazione. Il gioco poi mette in ballo un sistema di reputazione che fin da subito fa ben sperare, ma vi renderete conto ben presto della sua inutilità e il suo sviluppo approssimativo, cosa che è davvero un grosso peccato dato la sua potenzialità all’interno dell’economia di gioco. Anche le scelte che farete saranno importanti – alcune anche determinanti – non crediate che avranno un peso troppo specifico: alla lunga la trama vi porterà dove essa vuole, senza particolari sussulti o originalità eclatanti. C’è ovviamente qualche momento in grado di regalare emozioni o un feedback positivo, ma sono tremendamente rari all’interno di un immaginario così ricco che, purtroppo, non è stato sfruttato appieno.

Un plauso tuttavia alle quest secondarie, alcune di esse scritte meglio della trama principale, con spunti interessanti e risvolti inaspettati. GreedFall da l’opportunità al giocatore di approcciarsi in diversi modi alle missioni di contorno, e sebbene in alcune vi basterà uccidere tutti i nemici o corrompere un determinato personaggio, avrete sempre diverse possibilità a disposizione: ad esempio, un semplice cambio d’abito, così da camuffarvi tra i nemici e passare inosservati in aree altrimenti non accessibili. Queste azioni porteranno a delle reazioni? Certamente, ma solo nella missione inerente: in rari casi un nostro determinato comportamento potrebbe allontanare o indispettire un determinato membro del party, per il resto qualunque sia la nostra decisione o approccio, le ripercussioni saranno minime e insignificanti. Il sistema di scelte e reputazione è stato gestito bene alla fine? Il responso definitivo potrebbe essere riassunto nel più classico “è bravo ma non si applica”, un vero peccato insomma.

Pad alla mano 

Abbiamo parlato abbondantemente della struttura narrativa di GreedFall, ora è giusto esaminare quello che farete nel gioco pad alla mano. Partiamo col ribadire quanto accennato in precedenza: le missioni sono estremamente lineari, tutte vi porteranno a svolgere gli stessi identici compiti, nel mentre sarete guidati dal gioco stesso che vi indicherà la via giusta. Questo si rivela essere un problema, visto che apparentemente noi come giocatori dovremmo avere una varietà di scelte nell’approccio. Purtroppo però dal momento che siamo sempre e costantemente accompagnati per mano del titolo, noi “smettiamo di giocare” e iniziamo unicamente a seguire una linea, estromettendo completamente la componente ludica.

Il prodotto si differenzia in tre macro aree, non particolarmente brillanti per differenziazione ma che, a modo loro, sono in grado di regalare scorci unici e molto evocativi. Il contesto generale però è troppo poco per rimanere particolarmente coinvolti, visto anche che è innegabile il riciclo dei vari asset tra una città e l’altra. A questo si aggiunge una davvero limitata varietà di nemici o mostri: la casa di sviluppo non ha sprecato molto tempo per proporre un bestiario ricco e variegato, cosa che se unita alle missioni quasi tutte uguali ha come conseguenza una ridondanza eccessiva, che porterà inevitabilmente il giocatore medio a stancarsi. Il sistema di progressione del personaggio invece è ben bilanciato e strutturato, oltre ai classici punti abilità che andranno a migliorare le statistiche del personaggio principale, ci saranno talenti ed altre peculiarità da sbloccare: potremo per esempio aumentare la nostra agilità, così da poter scalare muri ripidissimi ed accedere ad aree altrimenti inaccessibili, oppure aumentare il carisma così da convincere un determinato personaggio a confessarci i suoi segreti più oscuri.

Il sistema di combattimento ruota principalmente su tre classi: mago, guerriero e una terza che sfrutta le trappole. Tutte hanno i propri pregi e difetti, ma se inizierete il gioco con una in particolare, nulla vi vieterà di sbloccare le abilità delle altre e così via. Potrete dunque creare un mago in grado di scassinare qualunque tipo di serratura, o un guerriero che riesce ad utilizzare le magie di base per avere la meglio in determinati scontri. Questi ultimi, sono leggermente goffi, ma restituiscono un feedback piacevole. I combattimenti risultano essere più delle danze, fatte di schivate, sbilanciamenti, affondi e tutti gli altri elementi dati dal gameplay, che rimane pur sempre molto semplicistico, ma in questo caso perfettamente coerente con il contesto sui cui è stato creato. I puristi dei giochi di ruolo troveranno anche la pausa tattica, utile per sostare dallo scontro e preparare con calma la strategia più efficace. Per quanto concerne la gestione dell’equipaggiamento noi l’abbiamo trovata assolutamente varia e di livello: sebbene i personaggi useranno principalmente le stesse armi, troverete un gran numero di lame e armature che faranno al caso vostro. In tutto questo se spingerete sull’abilità “Artigiano” potrete diventare fabbri di prima qualità e costruire da voi degli oggetti sensibilmente migliori. La gestione del party purtroppo è limitata all’attrezzatura, poco approfondita non solo nella conoscenza del loro background ma anche nella loro fruizione.

Più male della spada 

Un’altra nota dolente di GreedFall è l’aspetto tecnico. A livello di grafiche in sé per sé non è maluccio, ma se si passa sotto un occhio più attento si nota subito qualche problemino. Il primo – e a mio avviso quello più grande – è relativo alla gestione della luce: il gioco possiede un sistema giorno-notte dinamico, nel senso che il tempo passa all’interno del gioco ed è una cosa abbastanza comune all’interno dei giochi moderni. Il problema è che dall’alba fino alla notte la luce generale non cambia, rimanendo sempre della stessa tonalità, salvo poi sparire di netto nelle ore più scure, con un risultato quasi comico visto che vi potrete trovare all’improvviso al buio senza un minimo preavviso. le musiche ci sono sembrate abbastanza dimenticabili, anche se nelle città sarete accompagnati da motivetti carini e orecchiabili. Le animazioni facciali ci sono sembrate abbastanza discutibili, ma sicuramente non sono loro a minare l’esperienza generale. Il gioco è anche abbastanza stabile per quanto riguarda il frame rate e non abbiamo trovato bug importanti che hanno rovinato la nostra avventura, anzi, roba davvero di poco conto che non ci sentiamo di segnalare.

In conclusione possiamo dire di GreedFall è una grande occasione sprecata: i fan dei giochi di ruolo troveranno pane per il loro denti, un ottimo passatempo in grado di divertire e intrattenere, ma è evidente che rispetto a titoli più blasonati soffra sotto tanti – e decisamente troppi – aspetti. Personalmente alla lunga mi sono divertito, completando il tutto dopo una cinquantina di ore intrattenendomi abbondantemente con le quest secondarie, davvero ben scritte. Il gioco è pregno di cose da fare, peccato però il tutto si limiti alle solite azioni in croce senza particolari momenti di spicco. La trama quando dovrebbe decollare invece non lo fa, e neanche approfondisce alcuni spunti davvero interessanti proposti dalla casa di sviluppo, limitando così la nostra conoscenza sull’immaginario proposto, contesto molto evocativo ma che sicuramente andava sfruttato meglio. In alcuni casi purtroppo bisogna essere onesti, GreedFall è un gioco carino, e se consideriamo il budget e le dimensioni del team di sviluppo (ovvero Spiders) è chiaro che hanno fatto un lavoro, per loro, davvero mastodontico. Sarebbe stato meglio a mio avviso sfruttare tutte le energie su qualcosa di più piccolo e facile da gestire, piuttosto che un’opera così impegnativa e dispersiva. Il talento e la voglia di fare si sono visti, ma per ritagliarsi il proprio spazio nel mercato dei GDR la strada è ancora lunga. L’inizio in parte lascia ben sperare, se sostenuta a dovere questa software house potrà in futuro regalare qualche piccola perla.

GreedFall

6.5

GreedFall è un GDR ricco di potenziale non espresso, un'occasione per raccontare storie che sarebbero potute entrare nel cuore degli utenti, invece purtroppo resta tutto così estremamente piatto e poco approfondito. Gli appassionati più avvezzi a questo particolare tipologia di prodotti lo troveranno divertente, gli altri un po' meno. ;s

Patrizio Coccia
Patrizio non era ancora nato quando entrarono in casa la Super Nintendo e Super Mario Bros. Pochissimi anni dopo, insieme a lui, arrivò anche la Play Station, e fu tutta un'altra storia. Aveva 4 anni quando a malapena riusciva a tenere il controller tra le mani, ma non mollò più la presa, imparando a giocare a tutti i generi. Appassionato di musica rap, film fantasy, e con un passato da writer, predilige indiscutibilmente i giochi di ruolo, fortemente affezionato alla serie di Kingdom Hearts di cui conserva l'intera collezione, spin-off inclusi.

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