VideogiochiAnalisi

Half-Life: dalle origini ad Alyx, la storia di un gioco rivoluzionario

Quella del 1998 è stata probabilmente una delle annate più importanti per quanto concerne l’industria videoludica. Se i videogiochi sono quello che sono diventati oggi, lo dobbiamo anche a ciò che avvenne durante il 1998. Tanti furono i titoli usciti proprio quell’anno i quali, chi più chi meno, rivoluzionarono il mondo dei videogiochi. Metal Gear Solid, The Legend of Zelda: Ocarina of Time, Xenogears, Banjo-Kazooie, Spyro the Dragon, Resident Evil 2, Tekken 3, StarCraft, Unreal, Crash Bandicoot 3: Warped, Fallout 2, Grim Fandango

Ma il 1998 non ne aveva abbastanza e voleva chiudere in bellezza, regalando al mondo quello che sarebbe diventato l’FPS più iconico e influente della storia. Il 19 novembre di quell’anno usciva Half-Life.

Half-Life, come tutto ebbe inizio

Half LifeValve, all’epoca semisconosciuta, pubblicò Half-Life senza però sapere (o forse sì, chi può dirlo) che avrebbe cambiato in modo permanente il mondo videoludico. Quell’FPS con in copertina un improbabile professore magrolino, pallido e con due enormi occhiali avrebbe fatto da spartiacque tra ciò che era e ciò che sarebbe stato di lì in avanti. Il protagonista del gioco è il fisico teoretico Gordon Freeman, il “nerd” in copertina appena menzionato. Già dall’aspetto era evidente che non avremo interpretato il tipico eroe dei classici FPS di quella decade, un nerboruto individuo che ama l’odore del napalm al mattino. Sembrerà una cosa banale. ma all’epoca la scelta di un protagonista del genere fu già di per sé un’aspetto innovativo. E non fu il solo, ovviamente.

Perché Half-Life è ancora oggi ritenuto da molti il miglior sparatutto in prima persona della storia?

Già dalla sequenza introduttiva di Half-Life possiamo comprendere come qualcosa, rispetto agli altri FPS dell’epoca, fosse cambiato. Gordon Freeman si trova a bordo di un convoglio che attraversa il centro di ricerca di Black Mesa. Mentre tale convoglio trasporta il buon Gordon verso uno dei vari laboratori, scorrono i titoli di testa con i nomi dei vari sviluppatori. Un po’ come fece anche un certo Metal Gear Solid, in quel 1998 la linea che divideva cinema e videogiochi si fece leggermente più sottile. Se oggi quella linea è ormai quasi scomparsa è anche grazie a Valve e Kojima.

Ma la cosa che rese davvero unico Half-Life all’epoca fu il permettere al videogiocatore di avere il controllo del suo alter ego fin da subito, senza mai togliergli questo potere. La storia non era narrata attraverso dei filmati, ma raccontata tramite gli occhi di Gordon Freeman. Tutto era in tempo reale, tutto intorno a noi era vivo e credibile, e per un attimo giocando ad Half-Life ci si dimenticava che stavamo giocando nei panni di Gordon Freeman… perché Gordon Freeman eravamo diventati noi. Gordon, come già detto, non era un soldato addestrato tutto muscoli dal grilletto facile, ma un innocuo scienziato che come prima arma trova un semplice piede di porco (che sarebbe diventato in seguito il simbolo del gioco). Gordon non parlava mai, non lo vedevamo mai in volto. Osservava i tragici avvenimenti nei quali si era suo malgrado ritrovato in silenzio. Tutti questi elementi riuscivano a immergere il videogiocatore in un modo mai visto in precedenza all’epoca. Già questo potrebbe bastare per decretare Half-Life l’FPS più influente della storia, ma il titolo di Valve non si fermò a questo.

Half-Life era (ed è) uno sparatutto riflessivo e ragionato dove non ci si limitava solo a sparare al nemico di turno. Era infatti possibile incontrare dei PNG (Personaggi Non Giocanti) e voi direte “E allora? i PNG ci sono in tutti gli FPS”. In realtà era tutto fuorché scontata l’esistenza di personaggi che non fossero nemici, e questa fu un’altra genialata di Valve. Gli scienziati che si sarebbero incontrati all’interno di Black Mesa erano programmati per sembrare reali, vivi. Agivano come dei veri esseri senzienti, potevano persino reagire in modo differente in base alle nostre azioni. Aiutavano il protagonista, parlavano persino con lui parlano tra loro o al protagonista, lo aiutano aprendo delle porte. Erano persino in grado di sentire gli odori, e ognuno dei PNG aveva un commento diverso in base alla situazione.

Half-Life aveva tutto, i PNG, un nutrito set di armi, enigmi ambientali mai banali e una storia profonda e raccontata come nessun altro aveva mai fatto prima di quel 19 novembre del 1998. Half-Life, quel giorno, fece la storia.

Half-Life 2, quindici anni e non sentirli

Half LifeDopo Half-Life, in tanti cercarono di replicare quella sensazioni e quelle atmosfere del titolo targato Valve. Alcuni ci riuscirono in parte, ma solo uno riuscì a ripetere quel miracolo. Quel videogioco fu di nuovo Half-Life, ma questa volta accanto aveva un 2. Half-Life 2, uscito il 16 novembre 2004, non si limitò infatti a riprendere punto per punto quando fatto con il suo illustre predecessore, ma migliorò dove c’era da migliorare e aggiunse con criterio e intelligenza.

Ancora una volta indossavamo i panni di Freeman, tra le nostre mani stringevamo nuovamente il nostro fidato piede di porco e la storia scorreva dinnanzi al nostro silente protagonista. All’apparenza sembra un semplice more of the same, ma come già detto Valve non si limitò a proporre una meccanica vincente, tutt’altro.

Se nel primo Half-Life il protagonista doveva fuggire da Black Mesa, qui invece era chiamato ad affrontare un vero e proprio pellegrinaggio, attraversando città, luoghi e situazioni sempre diverse man mano che si avanzava. Basti pensare a Ravenholm, dove l’atmosfera si faceva fortemente horrorifica, o alle fasi in cui venivamo chiamati a pilotare un hovercraft o un dune buggy, cosa che rendeva il titolo ancor più vario e “aperto”.

Il motore grafico Source, che avrebbe in seguito fatto la fortuna di Valve stessa, fu un altro di quegli elementi a rendere Half-Life 2 non solo un capolavoro, ma anche un titolo che sarebbe poi invecchiato benissimo. Il sistema di illuminazione, le espressioni facciali, tutto era incredibilmente realistico per gli standard tecnologici dell’epoca (non esistevano ancora motori grafici come il Decima o la Motion Capture).  A questo si aggiungeva il motore fisico Havok, che dava ancor più realismo al videogioco. Il simbolo di ciò era la Gravity Gun, arma che permetteva di giocare con la fisica di gioco nei modi più disparati e creativi.

Insomma, seppur non come il suo predecessore, con Half-Life 2 Valve riuscì nuovamente a creare qualcosa di unico e innovativo, qualcosa che avrebbe ancora una volta influenzato i nuovi FPS (e non solo) che sarebbero arrivati successivamente.

Half-Life 3, confirmed?

Half Life: AlyxDopo Half-Life 2 il resto è storia nota. Uscirono altri due episodi “espansione” del secondo capitolo della serie, ovvero Half-Life 2: Episode One e Half-Life 2: Episode Two. Furono pubblicate varie espansioni anche del primo capitolo, persino un fan-game intitolato Black Mesa, il quale ricostruiva il primo Half-Life con una dedizione senza pari. Fu rilasciata la The Orange Box, una raccolta di videogiochi con al suo interno i già pubblicati Half-Life 2 e Half-Life 2: Episode One, e gli inediti Half-Life 2: Episode Two, Team Fortress 2 e soprattutto quel gioiellino di Portal.

Ma dopo Episode Two, il silenzio. Un silenzio tale da essere “rumoroso”, un rumore che ricordava un campanello d’allarme. Episode Three fu annunciato nel 2006, ma poi non si seppe più nulla. Tutti i misteri di Episode Two e della complessa mitologia di Half-Life rimasero tali, perché quel terzo episodio che avrebbe dovuto concludere la storia di Half-Life 2 non vide mai la luce, scatenando quello che sarebbe diventato uno dei meme più famosi e ricorrenti di internet, ovvero quel “Half Life 3 confirmed” che nel suo essere una battuta nascondeva tanto rammarico e tristezza da parte dei fan.

Questo pesante fardello si riversa su Half-Life: Alyx, recentemente annunciato da Valve e che si svolgerà tra il primo e il secondo capitolo della serie. Perché dopo tutto questo tempo Valve si è decisa a tornare sul suo franchise più amato? Forse perché ha trovato qualcosa che rivoluzionasse in maniera considerevole l’industria videoludica come ha già fatto in passato? Forse perché l’implementazione della tecnologia VR potrebbe raggiungere vette di realismo mai toccate prima? O forse perché Valve vuole semplicemente fare soldi facili sfruttando la nostalgia dei fan?

Half-Life ha ancora qualcosa da dire nel 2019? Forse sì, forse no, solo il tempo potrà rispondere a questa domanda. Forse Alyx non accontenterà i fan, che già hanno da ridire su questa operazione, e forse si rivelerà un flop artistico. Ma Half-Life è tornato, e chissà, magari il meme di Half-Life 3 potrebbe diventare realtà prima di quanto potremmo immaginare.

Paolo Saccuzzo
Laureato in Lettere Moderne e in Comunicazione della e Cultura dello Spettacolo, da sempre appassionato di tutto ciò che concerne l'intrattenimento in tutte le sue forme, dal cinema alle serie TV, dai fumetti alla musica, fino ad arrivare ai videogiochi. Amante del mondo Sony, è però cresciuto con i classici Nintendo, nello specifico Super Mario 64 e The Legend of Zelda: Ocarina of Time.

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