VideogiochiRecensione

Hellbound – Recensione dell’FPS vecchio stile di Saibot Studios

C’è un fascino nei titoli con cui siamo cresciuti che difficilmente può essere superato. Le armi di Doom, le battutacce di Duke Nukem, i labirintici livelli di Hexen, sono tutti circondati da un lieve ma onnipresente strato di nostalgia. Hellbound cerca di rievocare quelle sensazioni con cui molti giocatori sono cresciuti, in una breve ma intensa campagna firmata dallo studio argentino Saibot Studios.

Ispirandosi chiaramente (avete visto la copertina, no?) agli sparatutto degli anni ’90, Hellbound ci introduce la classica scusa per sparare qua e là senza preoccuparci dei danni collaterali. I demoni hanno distrutto il nostro pianeta natale e hanno attaccato la Terra che, per tutta risposta, ci ha resuscitati in modo da fronteggiare l’invasione direttamente sul territorio nemico. Destreggiandoci nell’arco di sette livelli, ci faremo largo tra orde di mostri nella migliore tradizione videoludica del “spara senza fare domande”. Il nostro protagonista, Hellgore, non perderà molto tempo in commenti o battute, dando spazio esclusivamente all’azione e ai combattimenti nudi e crudi. Una formula quindi ben consolidata fin dalla nascita dei primi sparatutto e che, trent’anni dopo, trova il suo seguito sia nel panorama dei tripla A sia in quello indie.

Molto fumo e… poco arrosto

L’azione è, quindi, la vera protagonista di Hellbound. Man mano che progrediremo con la campagna, incontreremo nuovi nemici e otterremo ulteriori armi con cui affrontarli. La varietà non è però uno dei punti di forza della produzione: con cinque armi e soli quattro tipologie d’avversari (di cui uno è il boss finale ed un altro è il classico minion con varianti basate sulle diverse armi) siamo davanti ad un gameplay piuttosto ripetitivo e alquanto scarno. Data la brevità del titolo questo non si traduce in un difetto poi così grave, ma ne smorza in modo consistente la longevità. Se a questo aggiungiamo che le mappe hanno una scarsa (o nulla) interattività ed una complessità altalenante, ecco che il mito delle glorie passate si sgonfia rapidamente

 

Hellbound - Fury Road map

Non sempre, infatti, le arene in cui affrontare i mostri funzionano al meglio, andando di fatto a creare (soprattutto in quelle immense) degli scenari visivamente ispirati ma troppo semplici dal punto di vista della sfida. Un esempio è lo scontro finale della mappa City of Fury (e la relativa versione arena, Fury Road), ambientata nei pressi di una tempesta di sabbia: si tratta di un’arena piatta, grande e vuota, in pieno stile Serious Sam, ma che si traduce dal punto di vista della giocabilità nel correre in cerchio, coi nemici che tentano inutilmente di inseguirci mentre li eliminiamo con tranquillità. In altre situazioni, invece, il giusto mix di angoli ciechi e di spawn strategici crea delle trappole letali, che metteranno alla prova i vostri riflessi e la vostra prontezza. Occhio alle porte e ai bivi!

Non proprio una sfida

Chiunque si sia fatto le ossa su giochi “vecchio stile” sa bene quanto difficili potessero essere, vuoi per l’assenza di checkpoint o per il bilanciamento tra risorse e nemici. Uno scontro iniziato con salute e armatura al massimo poteva tramutarsi rapidamente in un game over o lasciarvi in condizioni misere in cui affrontare i mostri successivi. Lo stesso tipo di bilanciamento lo ritrovate qui: basta prendere alla leggera uno scontro per venire rapidamente circondati o crivellati, trovandosi vicinissimi al game over. L’azione è frenetica ed impone di muoversi costantemente per non essere circondati o colpiti, ritrovandosi nelle mappe meglio strutturate a dover gestire molti nemici su più fronti e/o su più livelli. Il problema, però, è che con una varietà così bassa diventa piuttosto semplice comprenderne il comportamento (se così vogliamo chiamare inseguire in modo compatto e ordinato il protagonista) e prevederlo in modo efficace. Una volta entrati in possesso della quarta arma, più o meno a metà dell’avventura, il livello di difficoltà si abbassa enormemente e gestire i gruppi via via più numerosi di demoni diventa piuttosto semplice, complice soprattutto una IA alquanto minimale e decisamente poco ispirata. Anche se, va’ detto, una volta finito il gioco si sblocca un nuovo livello di difficoltà con cui è possibile mettersi nuovamente alla prova.

Hellbound - Primo livello

Uno dei pregi di Hellbound è senz’altro la colonna sonora, che vi accompagnerà ad ogni piè sospinto. Se avete apprezzato il sound degli ultimi due Doom, troverete pane per i vostri denti anche con il metal del titolo di Saibot Studios. Pur rimanendo esclusivamente strumentale, riesce infatti a ricreare l’atmosfera gore degli scontri e il ritmo frenetico delle battaglie di gioco attraverso le proprie chitarre, rigorosamente distorte, ed un ritmo fedele al genere d’appartenenza. Da questo punto di vista l’obiettivo viene centrato perfettamente e contribuisce a dare la giusta atmosfera tanto alle fasi di esplorazione quanto a quelle di combattimento.

Un bug per ghermirli e nel salvataggio compulsivo incatenarli

Veniamo ad uno degli aspetti più critici di un gioco, quelli che in certi casi possono trasformare una buona esperienza in qualcosa di frustrante, addirittura da evitare in alcuni casi, mentre in altri creano solo delle situazioni grottesche e buffe, di cui ridiamo e rimediamo con un caricamento. Purtroppo Hellbound appartiene più alla prima categoria che alla seconda, dato il comparire in momenti più o meno casuali di tutta la campagna di un singolo bug estremamente fastidioso: l’impossibilità di sparare. In un titolo dove tutto si muove velocemente ed è fondamentale avere un’alta reattività, è imbarazzante morire circondati dai nemici perché la vostra doppietta, carica e pimpante, non vuole saperne di sparare. Per compensare a queste morti improvvise ci si ritrova a salvare la partita compulsivamente, quasi dopo ogni scontro, nell’evenienza in cui “facciate cilecca” anche in uno scontro banale. Decisamente non il genere di difficoltà da ricercare, ma che diventa l’ostacolo principale alla risoluzione dei livelli. Fortunatamente gli sviluppatori hanno già reso noto che monitoreranno il gioco nella fase post-lancio, quindi l’arrivo di patch è altamente probabile.

Hellbound

6.8

Per un titolo che promette di riproporre la mitica formula delle glorie passate, Hellbound non centra del tutto il bersaglio. Da una parte le idee ci sono, dall'altra si scontrano con un prodotto che le ripropone in modo troppo semplificato. Pochi mostri e armi vengono compensati dalla scarsa durata della campagna (che non è necessariamente un difetto) ma si rivelano castranti soprattutto per la pochezza di situazioni che vengono a crearsi durante gli scontri. Hellbound è senza dubbio divertente e c'entra il mix demoni e metal ormai consolidato da Doom, ma risulta poco longevo e più ambizioso sulla carta di quanto non lo sia effettivamente, mouse e tastiera alla mano. L'IA nemica è così semplice che capita più volte di ingannarla, arrivando anche a bloccare i mostri dietro ad un colonna mentre li eliminate con assoluta calma. Hellbound non sarà un titolo riuscitissimo ma, dato anche il prezzo molto basso, potrebbe essere una piacevole aggiunta alla vostra collezione.

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Potrebbe interessarti anche