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Infini – Recensione, mai giudicare un libro dalla copertina

La lingua italiana è certamente una fra le più complesse al mondo, sia per quel che riguarda i verbi, sia per le migliaia di proverbi e detti di uso comune. Questi cambiano spesso per ogni regione, città, paese, ma i concetti principali riescono sempre a venire tramandati, in un modo o in un altro. Impossibile quindi non essersi mai sentiti dire “non giudicare un libro dalla copertina“, o magari lo stesso concetto tramutato per l’aspetto fisico del nostro prossimo. Potremmo essere convinti di non cadere mai in questo tranello e di non badare a delle piccolezze esteriori ma alla vera sostanza di ogni cosa, ma purtroppo non è cosi, ecco quello che Infini riesce a dimostrare.

Infini

L’occhio vuole la sua parte e questo è imprescindibile, in un modo o in un altro verremo sempre condizionati dall’aspetto di ogni cosa. Potreste non farci caso, ma in realtà non comprereste mai un libro con una copertina orrenda, o un gioco con una grafica raccapricciante per quanto brutta. Potete constatarlo con i vostri stessi occhi, accedendo al video trailer di Infini attraverso il seguente link. Lo sviluppatore di questo titolo, Barnaque, vuole però lanciare una grande sfida a tutti i giocatori. Riuscirete ad approfondire questo progetto nonostante la sua apparenza imperdonabile? Noi ce l’abbiamo fatta, ecco com’è andata!

Gara di bruttezza

Niente da fare, il comparto grafico di Infini non è salvabile sotto nessun aspetto. Potete constatarlo nelle immagini, è probabilmente una delle grafiche più brutte che si sia mai vista in un videogioco, e riesce a spingere altrove il giocatore con tutte le sue forze. Si tratta di un’accozzaglia di modelli mal realizzati, di personaggi e ambientazioni senza alcun apparente senso logico o vena creativa. Aggiungiamo anche le animazioni quasi sempre inesistenti, e laddove presenti realizzate nel peggiore dei modi. Letteralmente una gara di bruttezza senza eguali, dove ogni piccolo dettaglio è stato reso orrendo e l’intera immagine a schermo riesce a essere partecipe in quest’agghiacciante manifestazione all’orrido, in ogni suo singolo e disgustoso pixel.

Infini

Un completo disastro quindi, che viene arricchito nello squallore dalla colonna sonora, anche questa fra le prime classificate delle peggiori tra tutti i videogiochi mai creati. Una OST che riesce a dare solamente fastidio e fa venire spesso la tentazione di disattivarla, come anche tutti gli altri suoni sono allo stesso infimo e pessimo livello, da quelli dei dialoghi a tutto ciò che contorna il gameplay. Di conseguenza allora, dov’è il punto? Nel momento in cui l’unica cosa infinita è la voglia di distogliere lo sguardo e tapparsi le orecchie, cosa riesce a dimostrare Infini?

L’inaspettata sorpresa di Infini

Restano quindi gli ultimi fattori, quelli che caratterizzano maggiormente il medium del videogioco e potrebbero salvare il destino di questa sfortunata opera: il comparto narrativo e il gameplay. Può un titolo con queste premesse riuscire a essere salvato e risultare quindi accettabile al giorno d’oggi? Dopo aver provato a fondo Infini, nella sua intera durata più che soddisfacente, siamo pronti a dar risposta a questa domanda. Si stenta ancora a crederci, ma non si può che ribattere con un gigantesco si, il quale non lascia alcun dubbio in tal merito. L’intera esperienza è in realtà di un inimmaginabile valore, e riesce a essere fra le più riuscite considerando tutto il genere dei videogiochi puzzle. L’orripilante personaggio bianco non è solamente un modello mal disegnato, ma il protagonista di una storia davvero interessante, che si evolve deliziosamente nel corso dell’avventura. Tutti i mostruosi partecipanti riusciranno a reclamare un proprio carattere con lo svolgersi delle vicende, il quale li caratterizzerà e renderà riconoscibili per via di alcune peculiarità che vengono particolarmente marcate. Oltre che Speranza, il protagonista, curiosità avremo la possibilità di incontrare diverse personalità che rappresentano concetti globali, come il Tempo, la Pace e la Tecnologia. Tutti i personaggi sono stati realizzati magnificamente partendo da dei concetti, seppur come di consueto in modo orrendo, con parti che ricordano il loro nome e ruolo. Il tutto resta sempre nel tema estremamente psichedelico ed esuberante, come anche tutta l’ambientazione di gioco. Il viaggio nell’infinito riesce a essere interessante e non è solamente un pretesto narrativo, quanto la motivazione dietro l’ambientazione che contorna l’atipico e inaspettato gameplay, il vero fiore all’occhiello di Infini.

Infini

Come già detto si tratta di un titolo puzzle, che per la sua intera durata punta sullo spremere le meningi del giocatore in ogni modo possibile. Nelle fasi iniziali di ogni livello il personaggio cade continuamente verso il basso ed è necessario controllare la sua traiettoria per far si che questo raggiunga lo step successivo, progredendo nella storia. Tuttavia, presto sarà possibile iniziare a controllare i suoi movimenti in maniera alternativa, fino a veder sbocciare le sue ali che apriranno ulteriori movimenti possibili e renderanno il tutto più complicato. Inoltre, gli scenari sono modificabili attraverso dei movimenti manuali della telecamera, di cui deve prendersi carico il giocatore. Per venire a capo di ogni enigma bisogna ragionare moltissimo ed effettuare spesso decine di tentativi, immaginando in maniera creativa come sia possibile superare lo scenario in questione, visto che diverse strade sono sempre allo stesso modo corrette. Ingrandendo in maniera errata lo schermo si incorre però in un blocco irreparabile, che costringe quindi al restart o al suicidio, per poter nuovamente riprovare ed entrare nel portale. L’obiettivo è sempre quello di far raggiungere uno strano portale a forma di cerchio al protagonista, ma il level design è riuscito ad arricchire in maniera infinita un concept così semplice, rendendolo straordinario. Non si tratta di andar dal punto A al punto B, ma di percorrere la strada del proprio ragionamento tentativo su tentativo, di essere estremamente appagati al cambio dello scenario e sempre più motivati quando la soluzione sembra non esserci. Ogni livello è pieno di insidie di ogni tipo, da dei cubi statici a dei pericolosi oggetti in movimento, e lo sfioramento di queste si tramuterà immediatamente in un restart. Il gameplay continua a evolversi dal primo all’ultimo livello, in quanto nuove idee di game design vengono applicate e l’intera formula ludica riesce in alcuni tratti a venire stravolta, per via di alcune trovate semplicemente geniali ma sempre in linea con il resto, come i livelli ambientati su più piani dimensionali.

Che combini Barnaque?

Infini è un vero e infinito peccato, forse inspiegabile, che purtroppo lo sviluppatore dell’opera ha commesso. Barnaque ha deciso di mettere alla prova i giocatori con la sua formula esotica e il suo completo disinteressamento per alcuni dettagli, con i risultati del comparto grafico e del sonoro precedentemente descritto. Si tratta di un’occasione mancata, perché le soluzioni di Infini sono in grado di sovrastare il mercato prese singolarmente, e presentate sotto un’ottica completamente diversa sarebbero in grado di far eleggere questo gioco a capolavoro, senza sé e senza ma. Tuttavia, bisogna considerare ogni cosa, e le sole idee di base del team non possono giustificare una tanto orrenda qualità realizzativa. I limiti dello sviluppo sono certamente visibili, e forse tutto questo è “giustificato” da una mancanza di budget, riscontrabile nel comparto tecnico poco accurato. Ciò non significa che Infini non sia consigliato, ma semplicemente che purtroppo sarebbe potuto essere molto di più.

Infini

7.8

Infini è un progetto estremamente esuberante, che è la definizione di altalenante. Una delle peggiori realizzazioni grafiche e sonore mai viste riesce ad accompagnare un gameplay magnifico, divertente e brillante. Un vero capolavoro del genere puzzle viene rovinato da delle chiare scelte in fase di sviluppo, che vogliono mettere alla prova i giocatori, i quali nella maggior parte dei casi giudicheranno l'opera dalla sua copertina virtuale, perdendosi un'esperienza su cui sarebbe davvero il caso di mettere mano.

Andrea Pellicane
Nasce nel 2000 già possessore di una Playstation 1 e già appassionato di videogiochi. In tenera età scopre il mondo dell’informatica ed inizia la sua inutile corsa verso la bramatissima Master Race. Nonostante la potenza di calcolo sia la sua linfa vitale è alla perenne ricerca della varietà e di titoli indie che piacciono solo a lui, incurante del fatto che potrebbero funzionare agevolmente anche su un tostapane. Viene spesso avvistato mentre effettua incomprensibili ragionamenti (soprattutto per lui) legati all'economia. Eccelle particolarmente nel trovare i momenti meno opportuni per iniziare e divorare intere serie TV.

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