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La Storia di Kojima Parte II – Il periodo Metal Gear Solid

C’eravamo lasciati proprio con quella presentazione del 1996 al Tokyo Game Show, seguita da quella all’E3 di Los Angeles, di un Kojima pronto a mostrare per la prima volta la sua perla rara, il suo punto di non ritorno che ha permesso al game designer di evolvere il suo concetto di videogioco, seppur in parte. In realtà possiamo ringraziare dell’esistenza di Metal Gear Solid proprio Policenauts (e ovviamente i primi due Metal Gear): questi titoli contribuirono a creare nell’azienda una reputazione molto positiva per Kojima, al punto di lasciarlo lavorare sull’avventura di Solid Snake. Erano già usciti giochi come Resident Evil e Tomb Raider, e il futuro era ovviamente in 3 dimensioni: per questo il designer chiamò il capitolo Solid. Possiamo dare molti valori e molta importanza a questo periodo, ma se c’è davvero una cosa che ha rivoluzionato la sua carriera è stato l’incontro con l’art director Yoji Shinkawa, da allora amico e collaboratore fidato (tanto da vederlo anche in Death Stranding).

Se Resident Evil aprì gli occhi a Kojima riguardo l’utilizzo delle tre dimensioni, egli invece aprì gli occhi al mondo con delle idee allora fuori di testa: in Metal Gear Solid c’erano infatti tanti piccoli dettagli che rendevano il gioco decisamente più realistico delle controparti. I soldati avevano una visuale a 150° (un campo visivo medio umano), sentivano i rumori (sia dei passi che quelli provocati da Snake per depistare), riuscivano ad individuare le orme lasciate e chiamavano rinforzi in caso di pericolo. Se c’è un titolo che fu la Killer Application della PlayStation, fu proprio il gioco di Kojima, raggiungendo ben 6 milioni di copie vendute. Il gioco inoltre presentava due possibili finali: in base ad una scelta fatta durante il gioco infatti, la persona con cui Snake fugge alla fine della storia è diversa.

Come abbiamo già detto precedentemente, Hideo Kojima è un grande cinefilo e questo si vede fin da subito in Metal Gear Solid: il titolo infatti presenta moltissimi riferimenti al film 2001: Odissea nello Spazio. I veri nomi di Otacon e Solid Snake sono infatti Hal e David, rispettivamente nome del computer e del protagonista. Inoltre, la stessa dottoressa Naomi Hunter prende il nome da uno degli scienziati del film. A concludere, il sottomarino da cui parte Snake a inizio gioco si chiama proprio 2001. Anche il discorso dell’aspetto di Solid Snake parte da una fusione di tre grandi attori: il volto è ispirato a Christopher Walken, il fisico a Jean Claudde Van Damme, ma gran parte del lavoro lo fa l’ispirazione estetica generale, presa dal personaggio di Jena Plissken (nella versione originale il nome infatti era Snake), interpretato da Kurt Russel nel film 1997: Fuga da New York. Metal Gear Solid fu un grande successo, al punto da vederne arrivare negli anni successivi un fumetto, un libro, un audio drama, un motion comic e un remake del gioco per GameCube chiamato Metal Gear Solid: Twin Snakes (di Silicon Knights e Konami). Tutto il suo successo ovviamente è dato gran parte dalla creazione di Kojima, ma tutti i suoi collaboratori resero questo gioco una vera perla rara: se prendiamo per esempio Hal “Otacon” Emmerich, nella testa di Hideo il personaggio doveva essere uno scienziato obeso amante dei dolci, ma Yoji Shinkawa preferì invece disegnarlo come è adesso, convincendo persino il designer.

Sebbene il gioco fosse gremito di feature interessanti, ciò che iniziò a colpire fu proprio l’ingegno del game designer nel creare situazioni a metà tra il paradossale e il giocare con il giocatore: l’esempio più lampante in Metal Gear Solid è Psycho Mantis. Il nemico, grazie all’utilizzo di alcune funzioni software e hardware, faceva dei gesti al limite della telepatia e telecinesi (ovviamente era tutto molto scontato, ma all’epoca lasciò molti con la bocca aperta). Ecco quindi che il nemico poteva “muovere” il DualShock con la forza del pensiero (facendolo vibrare), leggere a quali giochi avevate giocato in precedenza (vedendo i salvataggi) e capire dove avreste sparato per batterlo. Ma bastava prendere il JoyPad e spostarlo nella porta 2 della PlayStation, ed ecco che Psycho Mantis andava fuori di testa non captando più nulla da voi.

Nel 2000 il designer si mise a lavoro su Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty, gioco che si apprestava ad uscire su PlayStation 2 e che convogliò la trama della saga su tematiche come il Nuovo Ordine Mondiale. Nel gioco, anche grazie alla potenza di calcolo della macchina, Kojima inserì nuove feature come quella di appendersi e spostarsi lungo i bordi delle ringhiere, la possibilità di mirare in prima persona e di minacciarli. La IA fece un grande passo in avanti, lavorando come mente collettiva per i soldati, ora più coordinati, e la visuale più alta permetteva un colpo d’occhio migliore. Come sempre però, oltre ai vari boss che richiedevano ingegno per essere sconfitti, il designer ancora una volta giocò con il giocatore spiazzandolo con il protagonista: se nella missione della petroliera veniva infatti utilizzato Snake, successivamente si prendeva il comando di Jack, nome in codice Raiden, che nonostante il cambio rimane abbastanza simile da controllare. Ovviamente Snake non manca in questa missione, qui sotto le mentite spoglie di Iroquois Pliskin (storpiatura del nome Plissken), ma la sorpresa dell’inserimento di Raiden (e l’avvento ormai di Internet) portò il designer ad inserire il personaggio di Snake anche nei trailer dove, nel gioco invece, avremmo trovato il nuovo protagonista.

La genialità si presentava proprio nell’aspetto di Raiden, diametralmente opposto a Snake: biondo, mezzo incapace, con dei lineamenti femminili, permise però a Kojima di raccontare questa storia non dal punto di vista di Snake stesso, ma di un esterno (seguendo un po’ lo stile visto nei libri di Sherlock Holmes). L’animo cinefilo del designer si presenta anche in questo titolo: Raiden (il cui vero nome è Jack) sarà aiutato dalla ragazza Rose, chiaro riferimento a Titanic. Nello scontro con Solidus Snake, prima che inizi, delle colombe bianche volano via, imitando lo stile adoperato da John Woo (prima di combattere infatti si vedono queste colombe che volano). Nel gioco infine si inizia a vedere anche un po’ l’anima autoriale del designer, che ha inserito alcuni dei dialoghi davvero avvenuti tra lui e la moglie (come quello tra Raiden e Rose riguardante il modo in cui si sono conosciuti).

Spesso la storia di Metal Gear Solid viene raccontata consequenzialmente, ma quello che spesso si dimentica è che tra l’uscita del primo e del secondo gioco c’è stato Zone of the Enders, titolo molto apprezzato (soprattutto in Giappone) al punto che due anni dopo uscì il secondo capitolo, Zone of the Enders: The 2nd Runner. La saga ha ricevuto da poco una remastered per Ps4, e nel 2001 sono usciti anche degli anime dedicati, prodotti dalla Sunrise.

Dopo ulteriori 3 anni dall’uscita di Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty, Kojima sfornò Metal Gear Solid 3: Snake Eater, titolo che portava i giocatori indietro nel tempo, arrivando ad essere un prequel dell’intera saga, controllando lo Snake originale. Anche qui non mancarono innovazioni come il mimetismo nei vari ambienti e l’inserimento del vigore, oltre che veri colpi di genio tra boss fight e level design. Il 1 aprile del 2005 Konami intraprese una politica di fusione tra le varie filiali, arrivando infine a fondare la Kojima Productions, dando quindi più spazio a Hideo e soprattutto uno spazio suo. Non mancarono nel tempo i capitoli portatili di Metal Gear Solid (come Acid) ma il vero passo in avanti venne fatto con Portable Ops, vero antesignano di Peace Walker, a sua volta propedeutico per molte delle dinamiche che verranno inserite in Metal Gear Solid V: The Phantom Pain.

Nonostante tutto, a causa anche della strana diffusione e clientela di PSP, fino al 2008 la gente non si sentì trattata bene in quanto orfana di un capitolo per console domestica del brand. In quell’anno uscì finalmente Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots, il quale vendette anch’esso 6 milioni di copie e chiuse la saga di Solid Snake, lasciandola quindi al suo destino. Proprio questa base permise a Kojima stesso di lavorare poi a Peace Walker, un vero capitolo sequel della serie, sempre dedicato a Snake, ma decisamente più rifinito di Portable Ops.

Insomma, tutto questo portò Hideo Kojima a diventare nel 2008 uno dei 100 migliori creatori di videogiochi, posizionandosi al sesto posto. Davanti a lui soltanto Gunpei Yokoi (creatore del Game Boy), Hironobu Sakaguchi (creatore di Final Fantasy), Will Wright (creatore di Sim City), Sid Meier (creatore di Civilization) e Shigeru Miyamoto (creatore di Mario, The Legend of Zelda e altri brand Nintendo). Questo “potere” raggiunto con la produzione di titoli ormai entrati nella Hall of Fame del videogioco avrà conseguenze positive e negative: se da un lato il designer potrà quindi ulteriormente espandere i suoi orizzonti creativi, questa libertà richiesta porterà Kojima a scontrarsi più volte con Konami, arrivando infine alla separazione di Kojima Productions da Konami. Ma questa è un’altra storia.

Simone Lelli
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.

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