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Lupin – Recensione, l’ultimo ladro gentiluomo secondo Netflix

È cosi che si ripete la regola, l’insegnamento del maestro. Quella frase che riecheggia verso chi detiene la responsabilità di ciò che è diventato, o che ha promesso di essere in un futuro prossimo. Le responsabilità si costringono dietro quegli uomini dalle grandi capacità, dietro al tempo delle loro gesta, ma è anche vero – in alcuni casi ancora più intriganti – che le declinazioni dei compiti morali ed etici nei personaggi più oscuri, o fallimentari, riescono ad avere un tocco di classe, spesso sfuggente, altre volte più vicino alla verità. Questa può essere la storia di un ladro dalle molte facce, capace di fare cose incredibili: si dilegua nell’ombra perché lui stesso ne fa parte, è aggraziato ed elegante, poiché suo padre era un gentiluomo. È astuto e brutale perché, alla fine, combatte con una dura realtà: la vendetta, la punizione e la sua affermazione in una società ancora razzista. Chi sarà mai questo Lupin?

L’ultimo ladro gentiluomo

Una notte comune a Parigi, che così bella non si era mai vista: cieli stellati, strade illuminate, il grande e maestoso Louvre. Una notte perfetta quella della capitale francese, ma è il luogo delle arti che più attira l’attenzione dello spettatore. Proprio in quel museo lavora qualcuno dei soliti insospettabili, forse qualcuno che mai avremmo il coraggio di additare come colpevole, poiché sarebbe “scontato”; ma è esattamente quando il sospetto si identifica nel “solito”, che il diavolo sbeffeggia l’ingenuo. Chi mai potrebbe essere? Chi potrebbe nascondersi dietro la normalità? L’unico ed inimitabile Arsene Lupin oserebbe con un sogghigno, anche se questa volta ha un nome diverso, e la sua storia lo è altrettanto. Assane Diop, di origini senegalesi, in tuta e cappello, si prepara per la sua solita giornata di lavoro come addetto alle pulizie al Louvre. Separato dalla moglie e con un figlio a carico, l’uomo però non sembra uno sprovveduto, anzi, sembra essere consapevole della sua situazione, forse anche troppo. Con aria decisa, l’insospettabile attraversa i corridoi del museo verso la sua preda, senza badare a chi gli sta intorno, e anche se fosse il contrario, come potrebbero notarlo? Lui è Lupin e vuole rubare il collier della Regina Maria Antonietta.

Nelle intenzioni dell’ultimo ladro gentiluomo non c’è, questa volta, l’obiettivo di impadronirsene per diventare più ricco, ma qualcosa di più. il nostro Lupin del XXI secolo vuole vendetta, e la inseguirà a tutti i costi pur di riuscire a risolvere i conti col passato. Assane è qualcosa di più che un abile ladro, è la reinterpretazione totale dell’opera di Maurice Marie Émile Leblanc in chiave contemporanea. Le vicende del protagonista facilmente si collocano in un costrutto narrativo che riflette il nostro tempo. Una Francia ancora diffidente nei confronti degli immigrati che, nella fattispecie, sovrasta la vita della famiglia proveniente dal Senegal, chiudendoli in una realtà di discriminazione e stereotipata. L’uomo di colore è diverso, quindi un possibile sospetto: ma il nostro protagonista, come summenzionato, non lo è poi così tanto.

LupinL’intercalare di Dans L’ombre D’Arsène

Omar Sy protagonista della serie tv, ben si muove all’interno della sceneggiatura, scritta praticamente per lui (e forse un po’ troppo). La regia di Marcela Said, Ludovic Bernard e Louis Leterrier, conta sulla presenza scenica dell’attore che detiene l’esclusiva attenzione dello spettatore. È un dato di fatto, non si può non negare l’imponenza di Omar Sy rispetto al resto del cast. Fortunatamente, la regia non si concentra solo ed unicamente nel mostrarci il volto protagonista, ma per mezzo di alcuni virtuosismi riesce ad intrattenere lo spettatore e a volte anche a meravigliarlo. Di fondamentale importanza sono le incredibili scene panoramiche, e quei singhiozzanti piani sequenza, che ci fanno respirare Parigi con una naturalezza senza pari.

Tutto sommato, l’apparato registico funziona e coinvolge chi guarda, tenendo il pubblico sulle spine e assicurandosi di puntualizzare ogni scena, soprattutto sugli apprezzati passaggi in ralenti che vedono il nostro Lupin in azione. Le scene più ampie, in cui il protagonista è impegnato ad organizzare la riuscita del piano, purtroppo convincono davvero poco, soprattutto nel loro svolgimento: a volte si è assistito ad una risoluzione banale di situazioni che dovevano essere gestite meglio, garantendo un efficace svolgimento dello sceneggiato, che in questo caso risulta particolarmente banale e scontato. Il montaggio rattoppa le situazioni più deboli, costruendo il dialogo tra una scena e l’altra grazie al suo dinamismo.

LupinLa sceneggiatura del nuovo Lupin di George Kay e François Uzan, creatori della stessa serie, si risolve positivamente nelle situazioni umane, che più di una volta strappano qualche sorriso e, perché no, anche qualche lacrima. Quello che rimane impresso è l’incalzante ritmo delle battute e delle vicende che si susseguono, costruite attorno al protagonista che reincarna tutte le caratteristiche dell’antieroe di Leblanc: forte, astuto, simpatico e generoso solo per chi ne ha più bisogno. Il mito di Lupin rivive all’interno del primo capitolo di cinque puntate, prodotti dalla Gaumont Télévision, intitolato Dans L’ombre D’Arsène. In questa prima parte avremo la possibilità di conoscere anche i personaggi secondari, che forniscono ulteriori spunti di trama, anche se alla lunga potrebbero cadere nel cliché del “già visto”. Le vicende e i fatti narrati compongono un’opera non sgradevole, intrigante per quello che vuole raccontare, pur non brillando di originalità.

Tutto quello che vediamo è un enorme incipit su quello che poi si vorrà raccontare, ma per adesso la struttura narrativa della serie Netflix non sembra spiccare il volo come si deve, piuttosto si descrive come trampolino di lancio verso qualcosa di più completo. Purtroppo, per quanto riesca ad intrattenere, l’elemento narrativo è debole e non concretizza per originalità, nemmeno con l’aiuto di un cast efficiente. Parlando della fotografia, coadiuvata ad una pronta e dinamica costruzione registica,  questa ci fornisce uno spettacolo garantito, che insieme alla colonna sonora composta da Mathieu Lamboley, caratterizza il tutto con quel sano gusto vintage che richiama le avventure del primo ladro gentiluomo.

Lupin - Recensione, l'ultimo ladro gentiluomo secondo Netflix

6.5

La nuova serie Netflix con Omar Sy nei panni di un moderno Lupin racconta quello che deve raccontare. La storia è presente, anche se non brilla di originalità, ma intrattiene senza troppe pretese. Purtroppo, le prime cinque puntate sono ancora insufficienti per aver chiaro dove si vuole andare a parare, con dei personaggi ancora troppo scarni e poco approfonditi. Le scene d'azione ci sono, anche se potevano essere fatte meglio, soprattutto nella fasi più concitate. Ottime le interpretazioni che rendono convincenti le situazioni umane. Una regia che, nella sua totalità, propone una trasposizione dell'opera di Maurice Leblanc senza infamia e senza lode.

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