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Metal Gear Survive – Recensione

Sapevavamo che prima o poi sarebbe successo: ormai Kojima non fa più parte di Konami, ma il marchio rimane loro. Come tale, prima o poi sarebbe uscito un titolo con lo stesso nome (o simile), ma senza l’attenta supervisione del Maestro. Ma secondo voi, Hideo Kojima ha sempre lavorato da solo? Le sue opere sono frutto del suo unico lavoro? Certo che no, anzi. Come sappiamo bene, ogni videogioco vede un team di sviluppo più o meno grande, e ognuno di loro ci mette il suo: ecco perché Metal Gear Survive non va scartato a prescindere solo per il nome. Gran parte delle persone dietro questo titolo hanno lavorato con Hideo, e bisogna ammettere che questo survival sa sorprendere.

Dannato nome

Konami ha avuto la brillante idea di utilizzare il nome Metal Gear per narrare una storia alternativa, che parte durante il finale di Ground Zeroes e si dipana in un mondo alternativo, separato da quello della saga originale da un Wormhole. Il mondo si chiama Dite, come la città infernale situata nel sesto cerchio dell’Inferno di Dante Alighieri e l’IA che vi aiuterà prende il nome di Virgil, possiamo quindi dire con certezza quasi assoluta che il titolo si ispira abbastanza all’immaginario dantesco. Vi troverete infatti a dover sopravvivere e scoprire cosa è successo in questo mondo, pieno di ex-umani ormai zombie (o quasi), chiamati Vaganti, capaci di attaccarvi in modo istintivo: a differenza dei classici zombie, questi mostri al posto della testa avranno un pezzo di cristallo Kuban, materiale che punta a essere (secondo il nostro mandante di questa volta, un certo tipo che si fa chiamare Goodluck) una nuova energia capace di infinite meraviglie. Insomma, le basi della storia non saranno al livello dei primi Metal Gear Solid, aspettatevi però Boss (opzionali e non), colpi di scena, cutscene ben girate e anche un finale molto criptico, tutte cose abituali in un Metal Gear.

Gameplay uguale, genere diverso

Le basi su cui poggia Metal Gear Survive sono le stesse di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain. Il gameplay risulta paurosamente familiare, sebbene questa volta vengono inserite nuove funzioni che trasformano il gioco in un survival: dovrete mangiare e bere per godere di buona salute e di una stamina carica, raccogliere materiali e Kuban per potenziare il vostro personaggio, costruire armi, medicine, oggetti e anche aggiungere funzioni alla vostra base di fortuna. Lo stealth va quasi scomparendo, rimanendo come macchia opzionale che difficilmente verrà usata (sebbene le munizioni tenderanno a scarseggiare in alcune parti del gioco). Con un andamento molto sinusoidale, questo titolo ha un paio di picchi verso il basso intorno alla metà gioco, ma riesce a riprendersi egregiamente facendovi vivere le sue 20 ore di storia con modesto interesse.

Dejavù

Ora, il lato positivo della mappa di gioco alla The Phantom Pain sta proprio nel fatto che potrete esplorare le zone di gioco (con relative zone tossiche) per trovare materiali e potenziare il vostro personaggio. Peccato che la mappa sfrutti tremendamente gli assets di Metal Gear Solid V, senza nemmeno degnarsi di camuffarli in qualche modo. Rimane quindi potente il senso di dejavù nelle vostre partite, nonostante il ritmo di gioco tenterà di farvici passare sopra. Una meccanica completamente nuova sta invece nella creazione di infrastrutture veloci nella mappa di gioco: potrete inserire sacchi di sabbia, recinzioni alte e altre cose per bloccare l’avanzata dei Vaganti.

Un mondo infernale

Il gioco vi terrà occupati per circa 20 ore con la sua campagna, ma dopo averlo concluso vi si pareranno davanti due strade: potrete in primis continuare a giocare in single player, sconfiggendo nuovi boss opzionali, scoprendo aree prima mai viste (occupandovi un’altra decina d’ore) e sperimentando anche una modalità tower-defense, oppure potrete giocare a una modalità multiplayer online a quattro giocatori (utilizzando lo stesso personaggio precedentemente creato), difendendo una base da tre ondate di Vaganti. Queste verranno inframezzate da missioni secondarie, capaci di darvi power up utili per sopravvivere, e periodi vuoti per sistemare la base da difendere. Se la modalità single player si mostra solida, il multiplayer necessità di nuove modalità, nuove mappe o almeno delle variazioni tali da rendere le partite diverse. Tutto l’endgame riesce a trattenervi sul gioco ancora per una decina di ore, lasciandovi però la voglia di qualche novità. Proprio a tal proposito non ci rimane che sperare in una serie di DLC futuri che migliorino l’esperienza dell’utente.

L’alone delle microtransazioni

Sone presenti le microtransazioni nel gioco? Si. Sono vitali? No. Perché se è vero che dovrete comprarvi lo slot per il secondo personaggio mediante l’utilizzo di soldi (o con dei punti acquistabili), è pur vero che dopo 40 ore di gioco avrete abbastanza valuta per comprarlo (e ve ne avanzeranno), rendendo le microtransazioni dei semplici mezzi acceleratori per chi non ha tanto tempo da dedicare a Metal Gear Survive.

Ma allora perché questo astio nei confronti di questo gioco? Probabilmente per il suo nome. Il nome cambia la percezione, tocca quel senso di appartenenza a ragazzi e ragazze che hanno perso ore e ore della loro vita a strisciare sotto i laser, uccidere serpenti o nascondersi con la tuta mimetica al posto di una statua. Quelle ore però non vengono cancellate da un nuovo titolo che prende questo importante nome (e nemmeno tutto, vi ricordate Metal Gear Rising? O Metal Gear Acid?), ma anzi vengono omaggiate dandovi la possibilità di sperimentare un nuovo modo di vivere Metal Gear e, sebbene questo non sia ciò che volete, non va denigrato il lavoro di centinaia di persone che hanno perso ore della propria vita a creare un’esperienza che porta un grande fardello addosso.

Certo, avrebbero potuto usare un nome diverso, ma alla fine il gameplay del gioco non viene vestito così male dal titolo, ma anzi si predispone molto di più a un survival che a uno stealth. Insomma, Metal Gear Survive è un ottimo gioco, valido sotto tutti i punti di vista e a buon prezzo (39.99€). Non sarà il prossimo Game of the Year e non ci farà impazzire come Psycho Mantis o Revolver Ocelot, ma ci farà passare comunque ore di divertimento in un genere particolare, a volte ripetitivo ma ben strutturato.

Metal Gear Survive

7.7

Metal Gear Survive porta della grande saga di Kojima solo il nome e il gameplay più recente: per il resto è un titolo molto diverso, che per nulla vuole emulare i suoi predecessori, ma che invece getta le basi su un diverso e alquanto divertente sistema di gioco. Senza infamia e senza lode, riuscirà a catturarvi con una storia abbastanza interessante, delle missioni talvolta ripetitive ma divertenti, e soprattutto un endgame ben strutturato. Il supporto online sarà vitale per questo gioco.

Simone Lelli
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.

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