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Miyamoto: “anche i nemici nei videogiochi hanno le loro motivazioni”

Il massacro e la violenza gratuita da sempre fanno parte dei videogiochi, sin dagli albori dell’industria videoludica, con tanto di premio in seguito allo sterminio di mostri e anonimi nemici qualunque. Su questa tematica si è voluto esprimere Shigeru Miyamoto, parlando di come fossero riduttive e poco approfondite certe scelte di design all’epoca.

Dopo aver fatto il testing di GoldenEye 007, Miyamoto rimase talmente dispiaciuto per le uccisioni eseguite da proporre che il giocatore facesse ammenda per i nemici uccisi in-game, andando a visitare tutte le vittime nel loro letto d’ospedale durante i titoli di coda. A prima vista questa reazione potrebbe sembrare esageratamente stucchevole, ma è invece tipico per Nintendo e per i valori che vuole trasmettere l’azienda. Miyamoto durante l’intervista rilasciata da Simon Parkin per il New Yorker, sostiene:

Penso che gli umani siano programmati per provare gioia quando lanciamo una palla e colpiamo un bersaglio, per esempio. Questa è la natura umana. Ma, quando si tratta di videogiochi, ho qualche resistenza a concentrarmi su questa singola fonte di piacere. Come esseri umani, abbiamo molti modi per provare il divertimento. Idealmente, i game designer esplorerebbero questi altri modi. Non penso che sia necessariamente un male che ci siano studi che si adattano davvero a quel semplice meccanismo, ma non è l’ideale che tutti lo facciano solo perchè quel tipo di gioco vende bene. Sarebbe fantastico se gli sviluppatori trovassero nuovi modi per suscitare gioia nei loro giocatori.

Oltre a questo, mi rifiuto anche di pensare che sia O.K. semplicemente uccidere tutti i mostri. Anche i mostri hanno un motivo ed una ragione per cui sono come sono. Questo è qualcosa a cui ho pensato molto. Supponi di avere una scena in cui una nave da guerra affonda. Quando lo guardi dall’esterno potrebbe essere un simbolo di vittoria in battaglia. Un regista o uno scrittore però potrebbe spostare la prospettiva sulle persone sulla nave, per consentire allo spettatore di vedere, da vicino, l’impatto umano dell’azione. Sarebbe fantastico se i produttori di videogiochi facessero più passi per cambiare la prospettiva, invece di guardare sempre una scena dall’angolazione più ovvia.

Difficile riuscire a realizzare e a trasmettere certi temi visto che Nintendo punta molto di più a tematiche ben più leggere e a voler riunire le famiglie. Per questo motivo l’azienda giapponese non affronta argomenti ben più oscuri e profondi come invece accade in un The Last of Us 2 o un Detroit: Become Human. Su questo punto di vista Miyamoto ha commentato dicendo:

I videogiochi sono un mezzo attivo. In questo sento, non richiedono emozioni complesse da parte del designer; sono i giocatori che prendono quello che diamo loro e rispondono a modo loro. Le emozioni complesse sono difficili da affrontare nei media interattivi. Sono stato coinvolto dai film e i media passivi sono molto più adatti ad affrontare questi temi. Con Nintendo, il fascino dei nostri personaggi è che riuniscono le famiglie. I nostri giochi sono progettati per fornire una sensazione di calore; tutti possono godersi il loro tempo giocando o guardando.

Per esempio, quando recentemente stavo giocando con mio nipote, tutta la famiglia era raccolta intorno alla televisione. Lui ed io eravamo concentrati su quello che stava succedendo sullo schermo, ma mia moglie e gli altri erano concentrati sul bambino, godendosi la vista di lui che si godeva il gioco. Ero così felice che fossimo stati in grado di produrre qualcosa che facilitasse questo tipo di esperienza comune. Questo è il fulcro del lavoro di Nintendo: portare il sorriso sui volti dei giocatori. Quindi non ho rimpianti. Semmai, avrei voluto fornire più allegria, più risate.

Miyamoto si conferma ancora una volta quindi un pezzo di pane, dal cuore e dall’animo tenero, con il desiderio di poter rendere il mondo un posto più felice e con meno egoismo:

Vorrei poter fare in modo che le persone fossero più premurose e gentili l’una verso l’altra. È qualcosa a cui penso molto mentre mi muovo nella vita. In Giappone, ad esempio, abbiamo la priorità sui posti a sedere sui vagoni ferroviari, per le persone anziane o per le persone con disabilità. Se il treno è relativamente vuoto, a volte vedrai giovani seduti su questi posti. Se dovessimo dire qualcosa, probabilmente mi direbbero: “Ma il treno è vuoto, qual’è il problema?” Ma se fossi una persona con disabilità e vedessi persone sedute lì, potrei non voler chiedere loro di muoversi. Non vorrei essere fastidioso.
Vorrei che fossimo tutti un po’ più compassionevoli in questi piccoli modi. Se ci fosse un modo per progettare il mondo che scoraggia l’egoismo, quello sarebbe un cambiamento che farei.

 

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