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Predator: Hunting Grounds – Recensione del nuovo horror asimmetrico di IllFonic

La storia di IllFonic si afferma nel 2017, quando la software house produce l’alquanto discusso Friday the 13th: The Game, gioco che è stato tanto apprezzato quanto criticato per alcune scelte prese a monte e per vari problemi che hanno afflitto la produzione in questi anni. Ripercorrendo lo stesso filone, lo sviluppatore ha deciso di affidarsi a un nuovo brand importante per la sua successiva produzione, ovvero l’iconico Predator. In questo modo Predator: Hunting Grounds ha iniziato a prendere vita, in una beta iniziale approfondita all’interno della nostra anteprima, e in un rilascio completo ormai finalizzato grazie anche al publishing di Sony Interactive Entertainment.

Predator: Hunting Grounds 1

L’opera si è presentata a un prezzo leggermente budget sul PlayStation Store e sull’Epic Games Store per PC, proponendo le sue idee senza dubbio originali e offrendo un pieno supporto al cross-play già dal day one. Il genere dell’horror asimmetrico – ormai diventato una moda degli ultimi anni grazie a Dead by Daylight – viene rivisto dalle fondamenta e completamente reimmaginato per portare al meglio il concept del Predator in salsa ludica. Di conseguenza, cos’è riuscito a proporci Predator: Hunting Grounds? Abbiamo provato il gioco in entrambe le sue versioni attualmente disponibili, scopriamo insieme come si è mostrato!

Cacciatori e prede

Il concept di Predator: Hunting Grounds rimane estremamente affascinante come nella beta provata inizialmente. I giocatori, una volta iniziata una partita online – la quale è l’unica modalità disponibile – sono chiamati a scegliere se giocare come Predator o come Fireteam, o possono accettare entrambi i ruoli per entrare più velocemente in campo. I soldati devono effettuare delle missioni, estremamente poco ispirate, combattendo generalmente dei criminali in una giungla piena di insidie e pericoli.

L’esperienza di Predator: Hunting Grounds offre sensazioni mai esplorate così a fondo nel campo videoludico

Si tratta nello specifico della presenza di un Predator, del quale il Fireteam non immagina neanche l’esistenza. Questo è controllato da un giocatore, il quale ha come obiettivo l’impedire ai soldati di perseguire il proprio scopo, interrompendoli e uccidendoli, rendendo così l’esperienza di gioco atipica e imprevedibile. Nonostante il mondo degli horror asimmetrici sia stato pienamente esplorato, in questo caso ci troviamo davanti a delle sensazioni mai provate prima. Il Predator non è un killer con poche possibilità di movimento, ma una vera e propria bestia armata fino ai denti con una mobilità senza eguali ma al contempo capace di rivelarsi un assassino letale e sfuggente: è proprio l’elusività la sua chiave per poter squarciare le possibilità dei nemici.

Predator: Hunting Grounds

Chi veste i panni del Fireteam si trova perennemente in pericolo, sentendosi preda e allo stesso tempo predatore. Oltre a compiere la missione assegnata loro, i soldati possono porre fine alla vita del Predator con un fuoco incrociato e una tattica vincente, garantendosi in ogni caso la vittoria. Una volta perseguito lo scopo è possibile scappare lasciando che il corpo si detoni, o rompere la maschera del mostro e iniziare un processo di disinnesco piuttosto adrenalinico, durante il quale l’ansia di esplodere da un momento all’altro è inimmaginabile.

È proprio su questo che gioca Predator: Hunting Grounds, sul dare ai giocatori emozioni raramente provate in un videogioco, portandole all’ennesima potenza laddove queste siano invece abbastanza comuni. Possiamo assicurarvi che sotto quest’ottica, l’esperienza multiplayer è pienamente riuscita. Adrenalinico, divertente e veloce, le basi del nuovo titolo di IllFonic sono estremamente solide e offrono già in questa primissima versione un’esperienza senza dubbio consigliata agli amanti del genere, come anche a chi vuole sperimentare le possibilità di quest’universo.

I pericoli della giungla 

Nei panni del Fireteam vi ritroverete all’interno di uno sparatutto cooperativo in prima persona, mentre con il Predator la telecamera finirà alle vostre spalle, rivoluzionando il gameplay e offrendo una formula per nulla comune. Il campo da gioco è una giungla alquanto ripetitiva nelle 3 mappe proposte, la quale è tuttavia ben realizzata e piena d’insidie atte a limitare la visibilità a causa della folta e realistica vegetazione. Salendo di livello, semplicemente giocando, potrete ottenere diversi potenziamenti per entrambe le classi, come nuove armi e strumenti, fondamentali per progredire nell’esperienza e per rivoluzionare il gameplay con l’aumentare delle ore spese in-game. È presente anche un sistema di loot-box, reperibili anche in questo caso semplicemente giocando, che amplia ulteriormente il menù di personalizzazione a dir poco completo nel vestiario e nei dettagli, ma del tutto scarno per l’editor dei personaggi.

Un lavoro di bilanciamento è senza dubbio necessario, ma il gameplay delle due classi risulta in ogni caso ben congegnato

Sul livello ludico, il gioco è tutt’altro che esente da difetti e problemi, i quali rendono l’esperienza meno riuscita sotto diversi fattori. Partiamo da un bilanciamento non esattamente riuscito, che vede nella figura del Predator meno possibilità di vittoria nel caso in cui chi lo padroneggia non sia estremamente esperto, in quanto offre un gameplay fin troppo tecnico e complesso. Allo stesso tempo, nel caso in cui il giocatore che impersona la bestia non sia in grado di incutere abbastanza pressione al Fireteam, le partite diventano estremamente piatte e monotone per la squadra, e le missioni finiscono per offrire ben poco all’infuori della semplice noia. Per migliorare la situazione è necessario un sistema di classificazione, basato su rank o semplicemente sulle abilità, che abbini i giocatori con le stesse possibilità ed equipaggiamenti similari, assieme a una rivisitazione completa della componente PVE.

Predator: Hunting Grounds

I nemici presentano infatti un’intelligenza artificiale aberrante, ridicola in ogni momento, che crea seri problemi al giocatore solo nel caso in cui questo venga accerchiato da moltissimi avversari, o venga braccato dal Predator mentre persegue qualche scontro a fuoco. Quest’ultimo fattore è stato invece curato con estrema attenzione, ed è una delle parti più riuscite a livello tecnico. Il gunplay è ottimo per gli amanti degli sparatutto pad alla mano mentre appare superlativo per chi s’interfaccia al gioco con mouse e tastiera. Il feedback delle armi è davvero ben riuscito e trasmette le giuste sensazioni dall’altra parte dello schermo, anche se i rinculi andrebbero rivisti per molte bocche da fuoco. Anche la parte ludica del Predator può fornire molte soddisfazioni se ben sfruttata, dato che è necessario assassinare i nemici isolati per evitare di essere crivellati di colpi, morendo inevitabilmente vista la difesa ridotta che il mostro presenta.

La strada di Predator: Hunting Grounds

Pur migliorando su PC e PS4 Pro, la componente grafica del gioco necessità di essere decisamente rivista, assieme a un supporto post-lancio necessario

Purtroppo i problemi avanzano anche sul lato tecnico di Predator: Hunting Grounds, per entrambe le versioni provate. Su PS4 il gioco presenta 30 fotogrammi al secondo fissi, ma il comparto grafico è tutt’altro che soddisfacente, in alcuni casi tanto da creare problemi sul fronte del gameplay. Su PS4 Pro la situazione migliora nettamente, e mantenendo un framerate stabile di 30 fotogrammi al secondo l’esperienza diventa decisamente più ottimizzata. La versione PC, invece, richiede un ammontare di risorse immotivato e pur offrendo un comparto grafico ottimo, anche se peggiore rispetto a quanto visto nella beta, costringe le configurazioni meno performanti a scendere velocemente a compromessi. Per fortuna, non abbiamo avuto a che fare con particolari bug, se non per delle piccolezze a livello grafico.

A decretare il successo di Predator: Hunting Grounds non ci saranno solamente le dovute migliorie e la risoluzione dei problemi messi in gioco, quanto un supporto post-lancio necessario. Nonostante salendo di livello le possibilità di approccio aumentino esponenzialmente, vista la maggiore gamma di build proposta, il gioco è alquanto scarno a livello contenutistico ed è necessario che lo sviluppatore s’impegni per espanderlo proprio su questo fronte, inserendo nuove possibilità o modalità, come una piacevole modalità per giocatore singolo che giustificherebbe con più facilità un prezzo attualmente alquanto alto.

Predator: Hunting Grounds

7.7

Predator: Hunting Grounds si è mostrato come solido sotto alcuni punti di vista, ma estremamente barcollante per diversi problemi che affliggono l'esperienza. Sul lato emotivo il gioco fornisce sensazioni inequivocabilmente magnifiche, ma i lati tecnici e grafici, come anche l'intelligenza artificiale e le missioni in-game, sono senza dubbio da rivedere. Ci sentiamo di dare fiducia allo sviluppatore, il quale con un supporto post lancio e l'aggiunta di un matchmaking ben calibrato potrà rendere il gioco nettamente migliore, posizionando potenzialmente la prima pietra per una nuova possibile frontiera degli horror asimmetrici.

Andrea Pellicane
Nasce nel 2000 già possessore di una Playstation 1 e già appassionato di videogiochi. In tenera età scopre il mondo dell’informatica ed inizia la sua inutile corsa verso la bramatissima Master Race. Nonostante la potenza di calcolo sia la sua linfa vitale è alla perenne ricerca della varietà e di titoli indie che piacciono solo a lui, incurante del fatto che potrebbero funzionare agevolmente anche su un tostapane. Viene spesso avvistato mentre effettua incomprensibili ragionamenti (soprattutto per lui) legati all'economia. Eccelle particolarmente nel trovare i momenti meno opportuni per iniziare e divorare intere serie TV.

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