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RAD – Recensione del roguelike firmato Tim Schafer

Il talento di Double Fine non è mai stato messo in discussione, ed ecco perché tutti attendono con ansia il seguito di Psychonauts (tanto per citare un titolo). Il coraggio di mettersi in gioco con produzioni totalmente differenti tra di loro è stato uno dei punti di forza dell’azienda di Tim Schafer, e all’annuncio di RAD, un roguelike post apocalittico, le aspettative sono schizzate alle stelle. Chi ha messo le mani sul videogioco è un appassionato del genere, che ha fatto letteralmente esplodere il contatore delle ore di Nintendo Switch comprando per l’ennesima piattaforma The Binding of Isaac e che appena sente la parola “roguelike” si gira e lo acquista. Sarà dunque bastato l’estro creativo e l’esperienza accumulata da Double Fine? Oppure RAD sarà un fuoco di paglia?

Una trama nucleare

La trama è come al solito accennata, giusto per far capire al giocatore dove si trova e perché dovrà compiere determinate azioni: negli anni ottanta c’è stato un disastro nucleare e i superstiti si sono raccolti in alcune zone, costruendo dei purificatori per sopravvivere. Con il tempo, il problema nucleare sembrava essere sorpassato, ma un secondo disastro ha reso nuovamente il pianeta radioattivo. Ecco dunque che interveniamo noi, che possiamo scegliere tra più adolescenti (alcuni sbloccabili in seguito) chi sarà l’eroe che libererà il mondo dai mostri nati dopo l’incidente. Come in ogni roguelike, dovremo scegliere uno dei dieci personaggi presenti (tutti dotati di mazza da baseball) e avviare una run, sempre diversa da quella precedente.

Per avanzare nella “storia”, sarà necessario completare dei livelli: in ognuno bisognerà attivare due o tre manufatti, così da aprire l’ingresso per il bunker, dove si troverà sempre un ostico boss. All’apparenza si direbbe facile proseguire in RAD, ma è durante l’esplorazione che il gioco assume una propria identità: uccidendo i mostri radioattivi si otterranno musicassette, floppy disk, esperienza e talvolta del cibo. Le prime due risorse saranno fondamentali per acquistare potenziamenti dai negozi e per aprire le casse sparse per la mappa, mentre accumulando esperienza si salirà di livello, evento che porterà il protagonista ad acquisire una mutazione genetica: potreste acquisire degli stivali in grado di lasciare una scia corrosiva, essere in grado di attaccare con la vostra testa di serpente nuova di zecca e tanto altro ancora. Il cibo, come molto probabilmente avete intuito, consentirà di recuperare la vita.

Come potete immaginare, salirete più di una volta di livello con il proseguo della storia e diventerete delle vere e proprie macchine da guerra. La nota dolente di RAD è senza dubbio la gestione della vita, poiché potrete sia essere danneggiati dai numerosi mostri, sia cadere nel vuoto e perdere ingenuamente un intero cuore. In questi casi, il gioco dovrebbe aiutare il protagonista, ma RAD no: ben poche bistecche cadranno dai cadaveri dei mostri, e ciò vi costringerà a ponderare ogni decisione. Non tutte le zone saranno poi collegate per via terra: in alcuni casi servirà percorrere dei labirinti sotterranei per accedere a parti di mappa assai lontane.

Il combat system è ovviamente il cuore pulsante del gioco e iniziamo subito dicendo che ci siamo trovati di fronte a un giusto equilibrio tra elementi nuovi e già visti. Al posto delle armi di Enter The Gungeon e delle lacrime del povero Isaac, questa volta ci sarà la mazza da baseball ad aiutarci contro i mostri. Non c’è nessuna parata, ma si potrà saltare o rotolare per schivare i colpi delle bestie nemiche, due elementi che abbiamo apprezzato e che aiutano RAD a creare una propria identità. Dall’altra parte avremo i mostri, spesso in grado di resistere anche ai colpi più potenti, che ci daranno del filo da torcere con un moveset limitato, ma comunque efficace.

Infine ci sono le sopracitate mutazioni, divise in Esomutazioni (che garantiscono un’abilità attiva) e le Endomutazioni (che invece danno un bonus passivo). Le prime permettono al giocatore di utilizzare diversi approcci per combattere, magari consentendo di colpire dalla distanza, mentre le seconde migliorano le statistiche.

La nostalgia che funziona

Dove RAD spicca è nell’ambientazione: l’intero richiamo agli anni ottanta è affascinante e i Floppy Disk, che fungono da chiavi, ci hanno fatto sentire vecchi. Anche la cura per la mappa, inizialmente, è da apprezzare: passando in alcune zone, cresceranno dei fiori atti a ricordare al giocatore che è già passato di lì. Peccato che la struttura dei livelli ben presto risulterà simile e, purtroppo, ripetitiva, consentendo al protagonista di evitare le zone più ostiche e superflue.

RAD

C’è da sottolineare la presenza di una splendida colonna sonora in stile sala giochi, un tocco di classe, anche qui, destinato agli utenti di vecchia data, che in passato hanno speso tutte le monetine a loro disposizione. Un altro appunto va fatto sulla versione per Nintendo Switch: se su PlayStation 4 la situazione è normale, dobbiamo dire che la modalità portatile della console nipponica offre una scarsa risoluzione.

Chiudiamo con due mancanze per noi gravi: la possibilità di cambiare difficoltà, fondamentale una volta padroneggiate le meccaniche fondamentali, e il multiplayer (locale o online), molto gradito dai giocatori più esperti.

RAD

7

In fin dei conti, RAD è riuscito a distinguersi dalla massa e ad affermarsi come un roguelike semplice, ma comunque originale. Dove fallisce, paradossalmente, è nella varietà, la vera base di un videogioco del genere, con livelli che ben presto sembreranno tutti troppo simili. Di sicuro ricorderemo RAD soprattutto per le mutazioni, una trovata geniale in un buon videogioco.

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