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Reservation Dogs – Recensione dei primi 4 episodi della nuova serie di Taika Waititi

Dopo averci deliziato con opere del calibro di Thor: Ragnarok e Jojo Rabbit, Taika Waititi decide di darsi alla scrittura di Reservation Dogs, una nuova serie tv che racconta la travagliata storia di un gruppo di quattro ragazzini in cerca di un posto da chiamare casa e che oggi analizzeremo in recensione. Scritta a quattro mani insieme all’amico e nativo americano Sterlin Harjo, la serie è stata mandata in onda in esclusiva americana lo scorso agosto su Hulu, ma dopo una lunga attesa arriverà anche da noi in Italia grazie a Disney+, che manderà in onda un episodio a settimana a partire dal 13 ottobre 2021. In occasione di questa nuova uscita per la sezione STAR della piattaforma streaming del topo di Burbank, abbiamo visto in anteprima i primi quattro episodi di questa attesissima serie.

Cani randagi

Poteva essere una giornata tranquilla come tutte le altre quella di Miles, un vecchio autista di camion in giro per l’Oklahoma, se non fosse che tutto d’un tratto il suo carico di patatine “Flaming Flamers” sparisce nel nulla. Questi sono i primissimi momenti dell’episodio pilota di Reservation Dogs, che ci catapulta nelle tumultuose vite dei nostri quattro protagonisti, tutti quanti con nel sangue lo stesso DNA che correva nei nativi americani e che farebbero di tutto pur di scappare dalla loro realtà, che li vede come imprigionati in un posto che non sentono più come il loro… persino rubare un intero camion.

Queste sono le premesse che hanno spinto i creatori e scrittori dello show Taika Waititi e Sterlin Harjo a voler raccontare un duro ma altrettanto reale e crudo spaccato della società americana. Mettendo nel mezzo le loro radici da nativi americani, i due showrunner hanno voluto creare una serie che metta in mostra quella piccola – seppur nutrita – parte di giovani cittadini abbandonati a loro stessi e destinati a una vita di scorribande, senza nemmeno avere possibilità di redenzione o di mostrare al mondo ciò di cosa possono essere davvero capaci. L’ambientazione che circonda l’integrità della serie vede una cittadina che sembra essere tornata indietro nel tempo, fino al Far West, come poco controllo tra le strade della città, ormai lasciate al controllo di gang criminali i cui membri molto spesso non raggiungono nemmeno i 18 anni.

Harjo e Waititi però decidono di riporre le loro speranze di riscatto in questa società nei quattro personaggi protagonisti, che vogliono utilizzare i soldi ottenuti dai loro crimini soltanto per poter fuggire dalla loro realtà e crearsene una nuova; a partire ad esempio da Bear (D’Pharaoh Woon-A-Tai), che ricollegandoci al furto del primo episodio, viene mangiato dai sensi di colpa dopo aver scoperto le conseguenze delle sue azioni sul povero autista, ormai senza più un lavoro e lasciato dalla moglie. Questo lo spingerà dunque a voler migliorare sé stesso, portando gli altri membri della banda (seppur a volte contro la loro stessa volontà) a compiere delle azioni a fin di bene. Elora (Devery Jacobs), Willie Jack (Paulina Alexis) e Cheese (Lane Factor) sono gli altri Reservation Dogs, che faranno di tutto pur di racimolare abbastanza soldi per scappare in California e ognuno dei quali ha nella serie un ruolo centrale.

Reservation Dogs

Con questo spaccato, i due scrittori e registi vogliono far luce su questa realtà a tratti distopica ma paurosamente verosimile, mostrando al pubblico senza troppi giri di parole alcune delle vicende di questi poveri teenager posti ai margini della società. I temi principali che vengono trattati sono sicuramente importanti ma al contempo delicati, ponendo parecchia importanza su tematiche come il razzismo e il suicidio, sviscerate nel corso di queste prime puntate con delicatezza e fermezza. Le scelte registiche sono quasi sempre azzeccate e di grande impatto scenico, facendo sembrare quest’opera quasi come un gigantesco film diviso in capitoli piuttosto che una serie. Lo stesso purtroppo non si può dire lo stesso della sceneggiatura, che a volte cade addirittura nella retorica spicciola e mostra il fianco soprattutto per quanto riguarda la sua lunghezza, facendo ricadere lo show in alcuni momenti decisamente annacquati.

Reservation Dogs: tra onirico e reale

In questa nostra recensione ci teniamo a sottolineare come anche Reservation Dogs, in maniera simile a molte altre opere di Taika Waititi, abbia parecchi risvolti comici – o persino tragicomici – all’interno dei vari episodi. Uno scontro tra due gang rivali che viene messo in scena come il più classico dei duelli western viene improvvisamente ridimensionato… in un modo che non vi anticiperemo.

Reservation Dogs

La peculiarità di questa serie risiede anche nelle svolte oniriche che permeano di tanto in tanto gli episodi. Può capitare infatti che in alcuni dei momenti più concitati possano avere delle allucinazioni oppure cadere quasi in trance. In questi momenti il nostro protagonista avrà dei confronti faccia a faccia con William “Spirit” Knifeman, un suo antenato nativo americano, che saprà dargli consigli e aiutarlo nei momenti più destabilizzanti. Questi momenti, seppur davvero spassosi, rischiano però di bloccare momentaneamente una narrazione che già di per sé non è esattamente incalzante, ma che perlomeno riusciranno a strappare più di qualche sorriso allo spettatore e magari fargli conoscere qualcosa di nuovo sulla cultura dei nativi… nonostante l’interpretazione forse un o’ troppo sopra le righe di Dallas Goldtooth.

Le citazioni a Tarantino però non si fermano soltanto al titolo della serie, dato che sia nella fotografia sia nei costumi lo show prende a piene mani dalla prima opera del regista americano, arrivando persino a mettere i nostri quattro protagonisti nelle classiche divise de “Le Iene”, con giacca e cravatta nera sopra una camicia bianco perla. Il leggero filtro seppia presente in gran parte degli episodi che abbiamo visto (e che esplode nelle suddette scene dedicate alle visioni di Bear) inoltre, dona quel tocco noir che si sposa perfettamente con i temi trattati dall’opera. Infine un grosso plauso va fatto all’ampissimo cast corale, che riesce anche nell’impresa di calpestare ogni tipo di stereotipo grazie alle moltissime individualità presenti nel corso delle puntate, e che riescono ognuna a lasciare qualcosa allo spettatore, senza mai cadere nel banale o nel ridondante.

Reservation Dogs

7.8

Reservartion Dogs, stando ai primi 4 episodi visionati, risulta essere un buon prodotto, che grazie alle mani di Taika Waititi e quelle di Sterlin Harjo prende una forma che eccelle nella regia ma che ogni tanto mostra il fianco nella scrittura, forse troppo diluita in alcune parti. Distruggendo ogni stereotipo e citando il primo capolavoro di Quentin Tarantino, questa serie comedy però riesce a comunicare attraverso i suoi episodi di mezz’ora l’uno un triste ma purtroppo vero spaccato di una parte degli Stati Uniti che non riesce a togliere dai margini della società alcuni ragazzi che pur di trovare un senso alla loro vita decidono di darsi a crimine organizzato. Sfiorando qualche volta di troppo la solita retorica, Waititi e Harjo però ci mostrano come una grossa speranza possa nascondersi dentro il cuore di alcuni di questi giovani ragazzi e come insieme possano cambiare forse anche in meglio una città che fino a quel momento non li aveva mai calcolati. ;s

Mauro Landriscina
Nato nel 1997 e al momento studente di Cinema, fin da piccolo si appassiona di videogiochi grazie al Game Boy Color del fratello maggiore. Pensa troppo al futuro e poco al presente, spesso perdendosi nei suoi pensieri e andando quindi a sbattere su qualche palo per strada. Il suo sogno nel cassetto è quello di dirigere un film d'animazione.

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