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Star Wars: L’ascesa di Skywalker – Recensione, la fine delle Guerre Stellari

Siamo quasi nel 2020: nulla quindi mi vieta di dire che abbiamo digerito per bene ormai gli universi condivisi, le visioni d’insieme, la struttura “fumettistica” applicata al cinema. Mi spiego meglio: Marvel e affini ormai ci hanno abituati che diversi film con diversi registi possono avere un filo conduttore capace di mantenere coerenza con l’universo condiviso senza però trovare forti limitazioni e avendo quindi ampio margine di manovra. Purtroppo però durante questa lezione gli incaricati a lavorare alla nuova trilogia Star Wars erano assenti ingiustificati, visto che Star Wars: L’ascesa di Skywalker è una gigantesca ret-con legalizzata: per carità, niente di eclatante, non ci troviamo scene in cui due righe di dialogo modificano qualcosa avvenuto in precedenza, ma è palese che il lavoro svolto in questo ultimo episodio sia stato più che altro un damage control. Eppure, per fare una frittata bisogna rompere delle uova.

La Dualità

La saga di Star Wars ha sempre avuto un’intrinseca dualità fatta di vari aspetti: lato chiaro e lato scuro, bene e male, fan della saga e haters, trame ben strutturate e intrecci mal scritti. Insomma, una medaglia composta da due facce diametralmente opposte. Anche l’ultima trilogia, definita come trilogia sequel, ha una dualità intrinseca: da un lato la tradizione che troviamo nell’idea di J. J. Abrams, dall’altro invece il “coraggio” creativo di Rian Johnson. La conseguenza diretta quindi è abbastanza facile da intuire: Abrams ne L’ascesa di Skywalker ha dato fondo a tutta la sua abilità di scrittura per riportare la saga ai vecchi canoni, sia di qualità che di tematiche. Se questo può sembrare un fatto positivo, ha comunque il suo rovescio.

Il film infatti si apre con una prima mezzora abbastanza confusa in cui alcune informazioni, proposte frettolosamente allo spettatore, fanno capire alcune dinamiche e sistemano qualche scelta effettuata ne Gli Ultimi Jedi. Insomma, con un colpo di spugna il coraggio della precedente pellicola viene cancellato in favore del classico, il vecchio vince sul nuovo. Nonostante questo possa lasciare un po’ l’amaro in bocca, alla fine però sullo schermo viene proposto pane per i denti dei fan della saga, qualcosa di decisamente comprensibile per loro e soprattutto affine a ciò che cercano. In questo, quindi, Star Wars: L’ascesa di Skywalker da un contentino a chi vede il film, che nonostante tutto è abbastanza gradito. Il resto del film si dipana tra viaggi, sparatorie, combattimenti alla spada laser e momenti rivelatori, tutti magistralmente incastrati in un crescendo che culmina col finale, non solo del film ma di tutta la saga.

La Forza

Mi è capitato di sentir parlare di un errore di scrittura grave, un qualcosa di tematicamente fuori luogo e sbagliato oggettivamente, definendolo come “i midichlorian” di quel determinato prodotto. Insomma, la Forza è qualcosa di trascendentale, e mai come in questo film se ne era parlato in tal modo: nonostante 8 film ci hanno abituato a pensarla come ad una cosa scissa tra bene e male e capace di donare determinati poteri, qui tutto viene riscritto donando ancora più mistero a questa cosa. Abilità diverse, una demarcazione flebile tra i due lati e, soprattutto, tanti concetti legati all’anima e al libero arbitrio irrompono nella trama senza destare sospetti, sussurrando tali informazioni agli spettatori in modo naturale al punto che sembra ci siano sempre state. Di certo, viene decisamente discostata dalla visione più “fisiologica” de La minaccia fantasma.

E se questo può rispecchiarsi in Jedi, Sith, Ordini e Anime, diventa anche intuizione, fiducia, la fede verso un qualcosa che non possiamo toccare ma solo percepire. La visione trascendentale della Forza in questo film si avvicina molto all’idea originale di Lucas, e quella scena finale de Gli Ultimi Jedi diventa unica sopravvissuta della visione di Johnson, un simbolo verso il futuro di una serie che sicuramente vedremo ancora, solo non più nei panni degli Skywalker.

La Furbizia

Molti definiscono la nostalgia come un’arma, anche se penso che in realtà sia più un punto debole dello spettatore: Abrams conosce bene quel punto e fa in modo di colpire ripetutamente, in modo furbesco, fino a mandarvi KO sulla poltrona del cinema. Personaggi storici, camei, linee di dialogo e tanto altro faranno in modo di farvi capire, fin dai primi minuti e per tutte le 2 ore e 20 del film, che questo sarà l’ultimo film che vedrete con gli eroi che avete sempre amato. E se alla fine Luke lo avevamo salutato già ne Gli Ultimi Jedi, e mentre i personaggi della trilogia prequel ce li eravamo lasciati alle spalle, in realtà come un vaso di Pandora torna tutto in mente come una valanga di esperienze condivise: stiamo parlando di una saga con più di 40 anni sulle spalle, che ha avuto i suoi alti e bassi ma che alla fine ci ha fatto sognare quei mondi oltre la terra, quelle avventure che si sono svolte tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana.

Abbiamo volutamente omesso ogni dettaglio di trama, persino la sinossi, perché di quello parleremo nelle prossime settimane tra articoli e video. Di certo possiamo però dire che una fine non è mai facile da assimilare, e che anche se quelle astronavi, quelle spade, quei rumori e quelle magistrali musiche di John Williams ci fanno sentire al caldo, sapevamo sarebbe finito tutto. Questa è la magia della pellicola: nonostante furbescamente cancelli alcune scelte coraggiose per tornare ad un’impostazione più “classica”, alla fine è come rivedere vecchi amici e salutarli per un’ultima volta. Certe volte il coraggio sta anche nel mettere da parte il coraggio stesso: talvolta, serve saper dire basta, mettere un punto e tornare sui propri passi, sacrificando qualcosa per il male minore. Questo male minore è un film bellissimo, un ultimo paragrafo per una saga che non si può che amare, e come tutte le cose, accettarne i difetti. Indubbiamente la trilogia sequel poteva essere gestita decisamente meglio, magari scegliendo una linea di percorso ben definita, ma se mettiamo in conto le diverse teste, allora è palese come Star Wars: L’ascesa di Skywalker sia l’unico finale, il migliore che potevamo aspettarci e il momento per chiudere con questi personaggi e andare avanti. Le galassie sono immense, passato e futuro di questo fantastico universo ci attendono. Che la Forza sia con noi.

Star Wars: L'ascesa di Skywalker

8

Un finale furbo ma che riporta in linea le scelte coraggiose - e a tratti strambe - prese ne Gli Ultimi Jedi. Star Wars: L'ascesa di Skywalker è la conclusione di una ennealogia fatta di sogni, speranze e fede. Abrams prende queste tre parole, svolge qualche piccolo lavoro di ret-con e propone nella pellicola una trama classica, quasi al limite tra plagio e omaggio con la trilogia classica, ma abbastanza affine agli animi dei fan di Star Wars da poter essere gradita. Le scelte coraggiose speriamo rimangano nel brand, magari in nuovi film ambientati prima o dopo questi avvenimenti, ma per ora accontentiamoci di questa fine, sicuramente accettabile dai fan, forse un po' politica, ma adatta alle storie che abbiamo vissuto in più di 40 anni.

Simone Lelli
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.

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