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Sword of the Necromancer – Recensione, un viaggio in nome dell’amicizia

Sword of the Necromancer è un titolo sviluppato da Grimorio of Games e pubblicato da ben due editori: JanduSoft e Game Seer Ventures. Disponibile per PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch, PC e console di nuova generazione (PlayStation 5 e Xbox Series X/S), Sword of the Necromancer racconta una storia di amicizia profonda. Ciò che spingerà la nostra protagonista a compiere quest’avventura all’interno di dungeon molto pericolosi è infatti molto simile a quella di Wander, protagonista di Shadow of the Colossus. Ma vediamo insieme i dettagli in questa recensione.

Un sentimento profondo: l’amicizia

Sword of the Necromancer è amicizia. Appena lanciato il gioco, vedremo una breve introduzione delle due protagoniste, Tama e Koko, le quali verranno separate da un evento terribile, il quale spingerà Tama ad affrontare la morte stessa, così da poter riportare in vita la sua cara amica. Una trama molto semplice, che a tratti ricorda Shadow of the Colossus, titolo uscito nell’ormai lontano 2005 e creato dal Team Ico. A differenza di Wander, però, noi troveremo subito il modo per far tornare in vita la nostra “principessa in pericolo”. Infatti, la Spada del Negromante è disponibile già dal tutorial, ma purtroppo non funzionerà su Koko. In un momento di disperazione, la nostra protagonista udirà la voce del Negromante, il quale la inviterà nel dungeon, spiegandole che solo ottenendo il suo potere riuscirà nell’impresa.

Sword of the Necromancer è un titolo basato sul trial and error. Le sue mappe sono create in modo procedurale e, conseguentemente, ogni volta che si ricomincia non si affronterà mai la stessa partita. A nostra disposizione avremo un’arma sola: la Spada del Negromante. Tutto il resto dell’equipaggiamento lo si troverà man mano che si progredisce nella mappa. Qui arriva una delle meccaniche più divertenti di tutto il gioco. Infatti, essendo possessori di questa fantomatica spada, possiamo far tornare dal mondo dei morti i nostri nemici e trasformarli in utilissimi minion. Infatti, ognuno di loro ha una sua vitalità e può essere collegato a uno dei tre tasti rimanenti. Tre perché uno sarà utilizzato per l’attacco (su Nintendo Switch è la A, ndr). Quindi, i nostri nemici potrebbero diventare delle vere e proprie armi da utilizzare in caso d’evenienza, e nei primi piani questa cosa è fondamentale, dato che non sarà possibile ottenere equipaggiamento performante, a meno che non siate particolarmente fortunati. Ovviamente, nel caso in cui doveste trovare armi o amuleti di difesa, dovrete sacrificare uno dei mostri, oppure scegliere di non prendere l’equipaggiamento. Tutto è nelle vostre mani.

Per quanto riguarda il feeling quando si attacca, il tutto è molto reattivo, anche se potrete premere A solamente tre volte; sì, perché la combo base è da tre colpi, dopo i quali la nostra protagonista avrà un momento di “pausa” e non avrete controllo sulla situazione. Dunque, prima di accanirvi contro un nemico, dovrete stare attenti alla zona e al posizionamento (sia vostro che degli avversari). I vari mostri hanno dei pattern che possono essere imparati a memoria, così da poterli eliminare facilmente, ma il vero incubo di ogni avventuriero di Sword of the Necromancer sono le boss fight. Ovviamente, è giusto che siano la parte più difficile del gioco, ma questi temibili avversari riescono a soverchiare il giocatore con poche mosse, uccidendolo come se non avesse mai giocato. Questo è l’unico vero punto a sfavore della produzione, che per il resto non è mai ingiusta nei confronti dell’utente di turno.

sword of the necromancer gameplay

Inoltre, nel momento in cui si muore e si ripete tutto dall’inizio, si inizierà a notare uno dei difetti più grandi del titolo: la ripetitività. Non ci stiamo riferendo alle azioni, ma alle mappe. Sì, purtroppo diventa facilmente prevedibile capire cosa ci sarà dall’altra parte dello schermo nero, dettaglio che stufa facilmente; cosa che invece non succede, per esempio, giocando a The Binding of Isaac oppure Hades. Quindi, cosa succede quando il giocatore viene sconfitto? Beh, ovviamente perde tutto l’equipaggiamento raccolto, ma allo stesso trattamento sono destinati anche i Punti Esperienza. Sì, Sword of the Necromancer è un roguelite procedurale con i PE. A cosa servono? Banalmente, a ottenere level-up (che saranno automatici) i quali permetteranno al player di ricevere più vitalità o più stamina, così da poter schivare meglio i nemici. Infatti, così come in tantissimi giochi del genere, avremo a disposizione la “barra della vita” sotto forma di cuori, e la stamina sarà rappresentata da pallini azzurri. Ogni volta che si premerà il tasto di schivata, ne verrà consumato uno. A differenza dei punti vita, questi ritorneranno dopo un breve periodo di cooldown.

Il dover sapere quando schivare è una meccanica molto carina di Sword of the Necromancer, perché mette il giocatore in condizione di urgenza. In che senso? Una schivata sbagliata significa morte, ma una nel momento giusto può salvarvi da una fine orribile. In poche parole, gli sviluppatori hanno avuto delle idee piuttosto originali, che però vengono distrutte dalla ripetitività delle mappe.

Artisticamente eccelso

Dal punto di vista grafico, abbiamo una pixel art davvero ben realizzata. I colori utilizzati e lo stile riescono a rappresentare in toto che tipo di gioco è Sword of the Necromancer, rendendolo unico. Inoltre, ciò che colpisce è la cutscene iniziale, che riassume in uno stile quasi “opening anime” la storia che andremo a vivere e il dramma della separazione vissuto dalle due giovani ragazze. Se nello stile grafico vediamo “autorialità”, lo stesso purtroppo non si può dire del comparto audio. Le tracce della colonna sonora sono hanno un gusto amaro di “già sentito”, ma riescono comunque ad accompagnare degnamente il giocatore nel proprio viaggio; purtroppo, però, nei fatti non riescono mai a colpire nel segno. Lo stesso vale per i vari effetti sonori in-game: ben realizzati, ma anonimi. Durante la nostra prova non abbiamo avuto problemi particolari a livello di gameplay, non ci sono stati glitch né tantomeno bug. Possiamo quindi affermare che, dal punto di vista tecnico, Sword of the Necromancer gira perfettamente su Nintendo Switch Lite.

sword of the necromancer

Arrivati a questo punto, bisogna quindi porsi una domanda tanto semplice quanto importante: vale la pena acquistare Sword of the Necromancer? La risposta, in questo caso, non può essere un sì o un no. Questo perché il tutto dipende dal tipo di giocatore che siete. Se vi interessa principalmente la narrativa e credete di poter guardare oltre la ripetitività delle mappe, allora sì, questo gioco fa per voi… altrimenti, vi conviene andare su altri lidi. Purtroppo, alcuni problemi di cui abbiamo abbondantemente parlato potrebbero davvero minare la voglia di giocare, nonostante la trama sia particolarmente interessante e in un certo senso inusuale, visto che sì, dovremo “salvare la principessa”, ma in questo caso la nostra Koko sarà già morta.

Sword of the Necromancer

7.5

Sword of the Necromancer è un titolo che riporta in auge una tematica vista in Shadow of the Colossus, ma non così profondamente. Un rapporto d'amicizia spezzato può essere ricostruito? Forse, ma ciò che blocca di più il piacere offerto dalla produzione va riassumendosi nella ripetitività delle mappe, cosa che in un gioco procedurale ammazza la voglia di tornarci, nonostante i buoni propositi di trama.

Angela Pignatiello
Classe '97. Nata e cresciuta con la Metal Gear Solid saga, amo giocare a quasi tutto ciò che mi capita sotto mano. Analizzo tutto ciò che avviene all'interno del mercato videoludico e il suo core: i videogiochi.

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