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The Legend of Zelda: Breath of the Wild – Recensione

E’ davvero difficile. Certo, penserete come tutto questo possa invece sembrare facile: un titolo intriso della tanto famosa magia Nintendo, che come una forza mistica pervade tutto l’ambiente di gioco, deve necessariamente essere perfetto. Ma The Legend of Zelda: Breath of the Wild non è perfetto per niente: cali di frame rate, ampi spazi vuoti, fasi molto lente. Questo nuovo capitolo della saga non è perfetto. Ma va bene così. Perché urla da tutti gli angoli “Ehi guardami, sono un nuovo The Legend of Zelda”, e immancabilmente, si fa giocare con tutto il cuore: ora vi spiego il perché.

La storia di sempre…

Non voglio dilungarmi molto sulla trama, poiché se avete giocato almeno un capitolo della serie, potete arrivare subito a capirla, almeno nelle sue basi: un Link, pronto per partire all’avventura, deve salvare il Regno di Hyrule e la principessa Zelda dalle grinfie della calamità Ganon. Nulla di nuovo, il solito cliché che però dopo tutti questi anni riesce a cambiare dei piccoli dettagli e, come per incanto, si rende fresco e dinamico. Questo incipit aprirà a Link un mondo vasto e aperto: ebbene sì, questo The Legend of Zelda è un open-world. Spazi sconfinati, zone da esplorare, libertà totale: sono queste le parole chiave di Breath of the Wild.

The Legend of Zelda: Breath of the Wild - Paravela

… in un mondo diverso

Ma se l’incipit risulta simile, il resto cambia in modo drastico. Ogni capitolo di The Legend of Zelda ci ha sempre insegnato ad abbracciare un sistema nuovo, sebbene grandi omaggi e radici profonde nel passato rimanevano nell’anima del gioco. Breath of the Wild non è da meno, puntando ad un sistema dinamico di equipaggiamento (con tanto di durabilità delle armi), una barra vigore per poter muoversi (scalare pareti, correre), e un sistema di combattimento che omaggia quello di Ocarina of Time.

Ciò che rende però questo Zelda uno dei migliori mai usciti, è tutto l’ecosistema e le modalità di attuazione delle azioni: lanciare un masso, facendolo rotolare per un dirupo, oppure colpire un lucernario e farlo cadere dentro ad una sala imbottita di esplosivi, lanciare una spada per allontanare il nemico: insomma, voi siete il cavaliere che deve salvare Hyrule, e voi sceglierete come farlo. La mappa aperta, inoltre, permette, dinamicamente, di poter scegliere anche da quale lato approcciare la missione.

Cosparsi in tutto il mondo di gioco vi aspetteranno 120 santuari, veri e propri dungeon da esplorare e superare, così da ricevere crediti da poter spendere per aumentare la propria vita e il proprio vigore. Anche se a prima vista non sembra, sotto a tutti quegli equipaggiamenti e a quelle armi particolari, si nasconde il solito Link (un po’ più hipster), e l’atmosfera ricorderà senza ombra di dubbio ad ogni fan del gioco le calde terre di Hyrule, grazie ad un effetto grafico meraviglioso.

Peculiarità fondamentale, oltre a tutte quelle già citate, è la fusione dei due concetti basilari: Zelda ha sempre avuto una duplice vita, gestendo delle avventure dedite al combattimento su console domestiche e delle storie intrise di enigmi in quelle portatili. The Legend of Zelda: Breath of the Wild fonde le due verità, creando un capitolo misto, più ispirato alle nuove avventure ibride che ai vecchi episodi della serie. Una forte componente è ispirata inoltre a GDR di stampo moderno, come The Witcher 3, capaci di stravolgere delle regole molto vecchie e, in alcuni casi, un po’ datate.

The Legend of Zelda: Breath of the wild

Anche l’occhio vuole la sua parte

Se c’è una cosa che non si può criticare è la grafica di The Legend of Zelda: Breath of the Wild. Non parlo di frame rate (che subisce alcuni cali in determinati casi), di definizione (1080p upscalati su TV, 720p in modalità portatile) o di piccoli tecnicismi: parlo di vaste distese dipinte a schermo, immense pianure che emanano un tiepido calore. Come già detto, dal lato tecnico il titolo non brilla di particolari effetti, ma il cel shading fa la sua parte e, con il giusto gioco di luci, tutti questi piccoli problemi diverranno minuscoli. Una grande personalizzazione in termini di design è visibile sugli equipaggiamenti di Link: cambiando l’armatura, oltre all’estetica anche alcune resistenze o abilità verranno attivate, diventando necessarie per proseguire nel gioco. Questo doppio filo viene utilizzato anche per le armi, necessarie in base a composizione e danni per superare determinate prove.

Come capire la Leggenda di Zelda

The Legend of Zelda: Breath of the Wild riesce, come detto in precedenza, a unire il classico stile noto ai fan con un sistema di gioco più moderno: questa abilità di ibridazione, già vista in precedenti capitoli della saga, crea un titolo vasto, ricco, pieno di leggende e miti, con una storia profonda e immersiva. Definibile come la più vasta avventura mai vista di Link, unisce magicamente il fantasy al tipico ritmo fiabesco, sprizzando Miyazaki da tutti i pori (e ne siamo più che contenti). Difficilmente chi non ha mai giocato un capitolo della saga potrà capirne appieno le potenzialità, ma la magia palpabile all’interno del titolo richiede una chiave di lettura unica, acquisibile solo dopo essersi lasciati andare all’interno del caldo abbraccio di Hyrule. Ed è proprio in quel momento che i difetti tecnici vengono superati dalla poesia, che le piccole mancanze in termini grafici vengono elaborate e arricchite dal cervello: un po’ come quando si legge un libro, e le immagini scorrono prepotenti davanti a noi. Link è pronto a partire all’avventura, e noi con lui, ancora una volta.

Modus Operandi: Giocato il titolo nella sua completezza, finendo la storia e completando gran parte delle missioni secondarie e dei segreti.

The Legend of Zelda: Breath of the Wild

10

The Legend of Zelda: Breath of the Wild è arrivato, fregandosene di problemi tecnici e piccole minuzie, sbaragliando il mercato. Capace di vendere da solo una console nuova, è riuscito sapientemente ad unire un classicismo storico ad uno stile contemporaneo, fondendoli in un unico e magico capolavoro. Capace di accalappiare fan e non della saga, merita di essere giocato da tutti gli amanti del genere, e un plauso per averci ricordato come si fanno i bei giochi.

Simone Lelli
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.

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