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Editoriale: Mortal Kombat Xperience

Dopo essere stato ripreso anche da riviste non del settore, come Forbes, non potevamo che puntare i riflettori su uno degli aspetti più “glam” di Mortal Kombat X, uscito il mese scorso e recensito sulle nostre pagine, dove l’abbiamo promosso con un romboante 8.7 .

Non si tratta di combo da 120 danni, o l’annosa questione sulla violenza del video gioco che devierebbe anche la mente più sana verso una natura più ossessiva e “pericolosa”(questione che, personalmente, non ha proprio licenza d’esistere), ma di un argomento altrettanto complicato.

Senza indugiare oltre, nell’ultimo capitolo della serie realizzato da Netherrealms, sarebbe presente il primo personaggio gay dell’intera serie, ovvero Kung Jin, nuovo lottatore imparentato con il più famoso Kung Lao.

Nella modalità storia, all’inizio del capitolo riguardante lo shaolin/arciere, un dialogo tra lui e Raiden sembra ambiguo:

La frase potrebbe in realtà anche suggerire altri tipi di complicazioni date anche le circostanze, o forse che sia legato al Khanum in qualche modo tale da suscitare il dissenso dell’ordine del Loto Bianco. Proprio per fugare ogni dubbio, ci ha pensato il Cinematic Director del gioco, Dominic Cianciolo, confermando l’allusione omosessuale a cui tutti avevano più o meno pensato.

Ciò rappresenta un primato nella storia di Mortal Kombat, che però sembra essersi calibrato abbastanza in questo ultimo episodio per far sì di limitare qualsiasi rimando ad una discriminazione sessuale, anche solo accennata.

Basti pensare a come sono state realizzate le combattenti: a partire dai corpi, resi più atletici che sexy, e forse anche più proporzionati rispetto al passato, vedi ad esempio Sonya Blade, che comunque presenta alcuni piccoli segni di invecchiamento, o anche Meleena, alla quale non è stato assegnato il costume “bondage” (non si chiama così ma insomma, avete capito a quale mi riferisco) questa volta.

meleenamkx

Qual’è la Meleena migliore? Questa o…

meleena MK9

Questa?!?

Anche nelle nuove lottatrici si riscontra una latenza nel sex appeal: tutte e due fanno parte di un corpo militare, e benchè anche il maggiore Blade ne sia un esempio lampante, va ricordato come negli anni 90 non c’era nulla nel suo costume che rimandasse all’appartenenza delle forze speciali, al contrario delle nuove leve Cassie e Jacqui.

il secondo vestito di Cassie, che ve ne pare?

L’unica che esula dal contesto è D’vorah, che avendo un corpo non esattamente “umano”, è stata realizzata affinchè sia verosimile e credibile, quindi senza sfoggiare forme insensatamente prosperose.

Non illudetevi eh, al sottoscritto le forme piacciono eccome, ma è stato personalmente interessante notare come questi piccoli cambiamenti (o accorgimenti) non mi hanno infastidito quanto lo è stata la scelta di togliere Taki dal roster di SCV, o quanto mi farebbe andare in bestia se in KoF togliessero Mai Shiranui. Probabilmente perché il Fan service giapponese ha questa capacità di rendere ogni discorso fatto sopra una completa tabula rasa.

D’altronde, di personaggi dall’aspetto un po’ ambigui ne abbiamo visti tanti in passato dalla terra del Sol Levante, come ad esempio Poison di Final Fight/Street Fighter, presunto trans gender, Bridget, personaggio di Gulty Gear cresciuto dai genitori come femmina, salvo però essere nato maschio. Ma tutti questi non hanno un back ground che chiarifichi i loro pensieri, le loro scelte di vita, quelle che si fanno sono spesso speculazioni, per lo più tra fan.

L’aspetto esteriore dei personaggi è sempre stato un pallino dei designer orientali, per far sì che essi attraggano l’utenza e in questo i giapponesi sono proprio dei sensei: corpi perfetti, capelli sempre a posto, occhi espressivi, l’abbigliamento che si adatta al “carattere” che deve suggerire a chi gioca. Ecco perché poi nascono personaggi come quelli di Final Fantasy, tutti somiglianti a dei membri di una boy band(nel bene e nel male ovvio), o al perché Ivy Valentine va in giro con un completino da mistress ogni volta che esce un nuovo Soul Calibur, in ogni caso, la sfera relazionale non sempre è presa in considerazione. Se lo è, sono per lo più canoniche e mai veramente umanizzate.

Forse perchè in alcuni generi come il picchiaduro non si badano a certe sfumature, o forse perchè in Giappone alcune cose sono ancora un taboo, in occidente, la dove si è anche arrivati ad includere l’uguaglianza dei diritti civili tra etero e omosessuali, il videogioco ha fatto spesso da “finestra” verso un futuro più aperto ad ogni possibilità, anche in tempi non recenti:

  • Moonmist(PC / 1986): Per la prima volta, in un videogioco compare un personaggio femminile omosessuale. L’avventura non ha elementi grafici, ma è solo testuale. Accade venticinque anni fa.

  • Circuit’s Edge(PC / 1990): Per la prima volta, in un videogioco compare un personaggio maschile omosessuale, oltre a diversi transessuali.

  • Ultima VI(PC / 1990): In una scena del gioco, il protagonista può scegliere di essere intrattenuto a pagamento da un uomo o una donna. Secondo alcune fonti, è il primo caso di videogioco in cui sia possibile esprimere le proprie preferenze sessuali.

Questi tre titoli fanno parte di un elenco stilato da un blogger della Stampa che, nel 2011 suggeriva all’allora sottosegretario Giovanardi un elenco di titoli in cui si pensa sia esplicita l’allusione all’omosessualità. In alcuni casi ci azzecca, in altri la forza ridicolmente, ma ciò mi ha fatto pensare ad una sola domanda: Perché? Cioè, siamo tornati veramente al periodo in cui venivano bruciati i libri etichettati come “Pagani”? Un gioco come FF 7 dovrebbe essere censurato o quanto meno edulcorato per via di “sensazioni” sull’argomento? O Dragon Age deve essere proibito per via di ciò che è possibile fare con il proprio avatar? Non si è veramente più liberi di esprimersi nemmeno nel proprio hobby? Andiamo su, possiamo essere migliori di così.

Questa riflessione non nasce come propaganda o come denuncia, bensì come prova del fatto che, dietro ad un medium come questo, anche in un gioco come Mortal Kombat X, si sia per l’ennesima volta verificato il fatto che l’industria del mondo videoludico, tanto criticata dai mass media e preso ad esempio quando si vogliono elencare i mali di questa generazione ( la nostra) ha già capito a chi si rivolge: ad un essere umano (maturo il più delle volte), indipendentemente dal sesso o dai gusti sessuali, con un pad in mano e con la sola voglia di giocare una partita.

Gianluca "Gianz" Bianchini
Gioco da ormai 15 e passa anni ai videogames, il più dei quali sono stati titoli di Nintendo. Ma ho anche giocato spesso alle saghe divenute classiche anche nella scorsa generazione appartenenti ad altre piattaforme. Ma Zelda rimane Zelda, una fetta del mio cuore c'ha la triforza disegnata sopra.

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