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Glass – Recensione del nuovo film di Night Shyamalan

Night Shyamalan ci riporta al cinema dopo il successo di Split con un fantastico McAvoy nei panni dello psicopatico che possiede molteplici identità dentro di se. Glass arriva diciannove anni dopo gli eventi narrati in Unbreakable – Il Predestinato: sarà riuscita la coppia Samuel L. Jackson/Bruce Willis ad eguagliare il successo di quello che oggi definiremo come un cinecomic ante litteram? Scopriamolo!

Ricominciare dal manicomio

Kevin Wendell Crumb è ancora libero per le strade di Philadelphia, mentre un non più giovane David Dunn gli da la caccia, girando come vigilante per le strade della città. Ovviamente, i due contendenti si incontrano ed è in una colluttazione che un gruppo di poliziotti cattura i due antagonisti e li porta d’urgenza in uno ospedale psichiatrico. Qui, rinchiusi in questa struttura super equipaggiata contro i loro “poteri” (David è immune alle ferite ed ha una super-forza a quanto si sa, mentre Kevin possiede una personalità definita La Bestia che gli dona forza sovrumana ed una notevole dose di violenza intrinseca), i due scoprono che la dottoressa Ellie Staple ha tre giorni per convincerli che la loro condizione è, di fatto, una patologia dovuta a dei traumi; secondo la scienziata infatti, loro soffrono solo di alcuni disturbi mentali e non sono superiori ad un normale essere umano. Nell’ospedale psichiatrico si trova anche Elija Price, detto appunto Glass per la sua patologia fisica che rende le sue ossa fragili come vetro. I tre vengono studiati ma qualcosa va storto e… non vi diremo altro! La trama del film è purtroppo tanto banale quanto inutile, non lascia spazio a nessun colpo di scena, è scontata dall’inizio alla fine. Il film parte lento, con una buona prima parte priva di azione e con situazioni al limite del surreale come poliziotti che spuntano da dietro ad un muro quando nessuno li ha chiamati, un intero ospedale psichiatrico con solo tre persone come personale visibile, insomma trama e realizzazione lasciano davvero a desiderare.

Venti anni dopo

Ok non sono venti ma diciannove diranno i pignoli: anche diciotto se consideriamo che le riprese sono iniziate nel 2017 per collimare nello scorso anno. Di acqua sotto i ponti ne è passata e proprio l’acqua è il problema di David Dunn (Bruce Willis) che, oltre a soccombere con questo particolare elemento in campo (e guarda caso piove praticamente sempre nel film), il personaggio si ritrova a dover fare i conti con un attore non più giovane: gli anni sono passati caro Bruce che per quanto la tua espressività rimanga ottimale, i conti con il fisico bisogna farli ed ecco che ci ritroviamo con un “eroe” che va in giro senza maschera ma con un impermeabile davvero scarso, che comunica con il figlio via cellulare in una sorta di rapporto Batman ed Oracolo ma scarso, posticcio. In generale l’età ha reso il personaggio rigido, molto stoico e poco incline a situazioni d’azione il che influisce su tutto il film, quando in netto contrasto abbiamo un giovanissimo James McAvoy che nei panni del pazzo Kevin invece si muove perfettamente, potremmo dire che all’effettivo è lui a tenere in piedi il film, grazie ad un ottima presenza scenica ed un lavoro di fino fatto in palestra. Samuel L. Jackson non delude ma rimane il fatto che, orchestrare un film dopo così tanto tempo con attori ben al di là della soglia di età consentita non rende affatto. Il personaggio di Sarah Paulson, la dottoressa Ellie Staple è banale, quasi scontato e per nulla convincente, così come è inutile ma coerente con il piagnisteo che faceva diciotto anni fa, il personaggio di Spencer Treat Clark, nei panni del figlio di David davvero inutile per la maggior parte del film e da l’idea del “bimbo mai cresciuto” rimasto ancorato ad un comportamento quasi infantile. Colonna sonora scialba quanto la pellicola.

Glass

Broken Glass

L’effetto di Glass è quello di un vetro rotto che non buca lo schermo ma che di fatto annichilisce lo spettatore con un film privo di trama, situazioni quanto mai banali e davvero poco credibili. Non è pensabile l’idea di girare un seguito inserendolo in un contesto crossover tra più storie per “riempire” la dove non c’è di fatto nulla da raccontare. In generale il film sembra un prodotto per spillare soldi con nomi altisonanti come Willis e Jackson che di fatto non sbagliano sullo schermo ma che avevano davvero pochi elementi dalla loro. Glass è un film che si dimentica (o che spereresti di dimenticare) dieci minuti dopo averlo visto, purtroppo non bastano nomi importanti davanti alla macchina da presa per riuscire in una pellicola. Questo film dimostra che se non si hanno idee è meglio lasciare le cose come stanno, del resto Unbreakable e Split hanno fatto egregiamente il loro dovere, con tempi e modi diversi ma potevano benissimo vivere da soli, senza la presenza di questo capitolo fine a se stesso. Bocciato senza se e senza ma.

Glass

5

Glass è un film che dimenticherete poco dopo averlo visto, privo di trama e datato come gli attori che lo popolano, per questo motivo vi troverete ad affrontare un ora buona di girato nella più totale noia fino a collimare in un plot twist svelato da solo a pochi minuti dall'inizio della pellicola. Banale. Senza nulla da dire.

Tiziano Sbrozzi
Lusso, stile e visione: gli elementi che servono per creare una versione esterna di se. Tiziano crede fortemente che l'abito faccia il monaco, che la persona si definisca non solo dalle azioni ma dalle scelte che compie. Saper scegliere è un'arte fine che va coltivata.

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